“Vogliamo Barabba”

“Vogliamo Barabba” è un’opera del 1850 circa, del francese Honorè Daumier, grande caricaturista e illustratore, nonché pittore sempre pronto a scuotere l’animo umano.

Nelle sue elaborazioni c’era sempre una critica, quasi mai velata, agli apparati dello stato borghese. Daumier qui si è servito di una pittura ad olio ed è interessante vedere come il quadro sia monocromo, per rappresentare la materia più densa e un’atmosfera opaca. Sotto i nostri occhi si stanno svolgendo due azioni: in primo piano c’è una massa informe, una “folla” che si agita, la sentiamo quasi gridare; in alto, sullo sfondo, troviamo Ponzio Pilato che con fermezza si accinge a chiedere alla gente sotto di lui se vogliono lasciare libero Cristo o il ladrone Barabba.

Analizzando meglio i dettagli vediamo come l’artista rappresenti non il “popolo” in subbuglio, bensì appunto una “folla”, perchè il popolo si ribella, non si fa scivolare tutto addosso, non si fa corrompere, non prende per buona qualsiasi cosa gli venga proposta. La folla invece no, non si ribella, è credulona, non si arma di una propria coscienza, non dà tutto per scontato, è molle, non si batte per ideali, è per questo che Daumier la rappresenta con una massa di colore quasi informe.

Prendiamo come esempio il papà che tiene in braccio suo figlio in primissimo piano, ha una volto quasi caricaturale, abbrutito, sta incitando il figlioletto a voler rilasciare Barabba. Troviamo dunque un popolo manovrato, che a sua volta manovra le nuove generazioni in modo nettamente sbagliato. Da notare anche come il braccio di Pilato sia notevolmente teso mentre indica Cristo, simbolo del potere indiscutibile, mentre quello del padre sia molle e deformato, come la degenerazione morale della folla stessa. L’artista ha scelto un’opera di stampo religioso rendendola attuale e satirica affinché scuotesse gli animi con maggior vigore, in un’epoca storica immediatamente antecedente ai moti rivoluzionari del 1848.

Questa tela, in ogni caso, risulta essere sempre attuale e si può ammirare oggi in Germania presso il Folkwang Museum di Essen.