Società

Vite a rate: la lotta della Caritas contro le nuove forme di sovraindebitamento legalizzate

A venticinque anni di attività della Fondazione “Salus Populi Romani” della Caritas di Roma è cambiato molto il profilo delle famiglie che chiedono supporto: se inizialmente le cause di indebitamento potevano riferirsi alla crisi, alla perdita del lavoro o all’insorgere di una malattia, oggi la motivazione principale del sovraindebitamento è dovuta agli stili di consumo. Il punto con il direttore, don Ambarus Benoni

“Abbiamo un rapporto malato con il denaro” esclama don Ambarus Benoni, direttore della Caritas diocesana di Roma, parlando del servizio che la Chiesa offre attraverso la Fondazione “Salus Populi Romani”. L’opera della Fondazione, voluta fortemente da don Luigi Di Liegro nel 1995, ha l’obiettivo di contrastare l’illegalità operando una prevenzione del ricorso all’usura.

Il servizio è rivolto a quelle famiglie che si trovano a vivere una situazione di sovraindebitamento (al disotto dei 30.000 euro) e che non sono più in grado di accedere in modo autonomo al credito bancario in quanto considerate troppo “a rischio”, o per usare un termine tecnico “non bancabili”.
“Ci siamo abituati a vivere una vita a rate”
spiega don Benoni analizzando il fenomeno: “Mi colpisce molto quando le famiglie arrivano da noi manifestando una vera incoscienza.

Dopo aver aperto infinite rate, spesso capita che arriva un imprevisto che ‘spezza le gambe’ a questa rateizzazione per cui le persone tornano alla realtà e si rendono conto di non riuscire più a far fronte alle sollecitazioni”.

Alla base di questa emorragia, spiega il sacerdote, esistono due cause principali definibili come le nuove forme di sovraindebitamento legalizzate: i finanziamenti troppo facili (carte revolving, tassi con interessi troppo alti) e il gioco d’azzardo. In entrambi i casi l’opera della Fondazione combatte su più fronti: accompagnare i nuclei familiari ad uscire da queste condizioni di disagio, valutando il contesto di risorse, la capacità e le opportunità su cui fondare un reale piano di liberazione dai bisogni stessi e infine un lavoro di prevenzione ed educazione sul tema finanziario e dell’azzardo.

“La vita a rate – come la definisce il direttore della Caritas -, non è una vita vera”, “un rapporto sballato con i soldi” che ha portato l’uomo a invertire le priorità.

Un esempio positivo a riguardo “è il metodo giapponese Kakebo, che aiuta a rendersi conto di come durante la settimana esistono economicamente delle questioni di sopravvivenza, di optional, di cultura ed infine extra. Quando si sovverte questo sistema si arriva all’incoscienza. Fare le rate per una casa è bene, fare le rate per avere il superfluo inizia ad essere un problema”.

In questi venticinque anni di lavoro è cambiato molto il profilo delle famiglie che chiedono supporto alla Fondazione, se inizialmente le cause di indebitamento potevano riferirsi alla crisi, alla perdita del lavoro o all’insorgere di una malattia, oggi la motivazione principale del sovraindebitamento è dovuta agli stili di consumo.

La lotta contro gli usurai privati che ha definito la nascita di quest’opera caritatevole, oggi vede come principali nemici le finanziarie”. Il punto nevralgico di questo sistema è sicuramente una società che guarda l’individuo non più come persona ma solo e unicamente come consumatore arrivando a una vera e propria “schizofrenia statale” in cui lo Stato è molto più alleato delle concessionarie d’azzardo che delle famiglie.

Lo scorso 22 luglio si è raggiunto il Jackpot più alto della storia, che sfiora i 200 milioni, notizia riportata su tutti i giornali ma che ci pone di fronte a una domanda: parlarne è informazione o pubblicità?
“Anche come Chiesa dobbiamo riconoscere i nostri errori – dice don Benoni -. Per molto tempo abbiamo demonizzato il denaro non aiutando le persone a gestirlo con consapevolezza, a rendersi conto della pericolosità: ci è sfuggito di mano questo monitoraggio. Avere un’educazione finanziaria significa non solo saper spendere il denaro ma anche saperlo risparmiare.

Quando una famiglia arriva da noi dopo aver riconosciuto di essere caduta in questi tranelli e accettando di fare una ristrutturazione del debito con il nostro aiuto, noi vediamo una vera risurrezione delle persone”.

A nome della Fondazione Don Benoni lancia un appello: “Sintonizziamoci, mettiamoci insieme: proviamo a capire i risvolti profondissimi per la società del valore e del pericolo del denaro. Approfondiamo le conseguenze di un rapporto sano, le conseguenze delle scelte sbagliate degli investimenti, di cosa significa avere flussi finanziari chiari o meno.

Bisogna che ci sediamo al tavolo a parlare di questo discorso non in chiave moralistica ma esistenziale seria. Qui non si tratta del ricco che va all’inferno, ma si tratta di affrontare le conseguenze di una buona gestione dei soldi”. Parafrasando David Gilmour nella canzone “Money”, anno 1973, il rischio è quello di arrivare a convincerci “di aver bisogno di un jet privato”, e se non badiamo a questi meccanismi che lavorano inconsciamente finiremo per essere gestiti dal denaro, alienati da noi stessi.

Hortensia Honorati dal Sir