Violenza in Venezuela: contro gli studenti il regime ordina la repressione

La morte dello studente Kluiverth Roa, un giovane scout di appena 14 anni, colpito da una raffica partita dall’arma di un agente della Polizia nazionale bolivariana, ha provocato la reazione dell’intera opposizione. Universitari hanno chiesto aiuto al nunzio apostolico Aldo Giordano per gli studenti “detenuti, torturati e perseguitati dalla dittatura del regime di Maduro”. Il nunzio ha subito minacce.

Un anno dopo i 43 morti causati dalla violenta repressione delle manifestazioni contro il governo, iniziate nello stato di Táchira, il Venezuela dovrebbe essere pienamente coinvolto nel processo di riconciliazione e di dialogo proposto dalla Chiesa a tutti i settori. Invece, le proteste sociali e le manifestazioni degli studenti contro il regime chavista sono cresciute e la repressione del governo è divenuta più violenta di prima. Anzi, è stata legalizzata nello scorso mese di gennaio da una risoluzione del governo del presidente Nicolás Maduro.

Un ragazzo ucciso. La morte – pochi giorni fa – dello studente Kluiverth Roa, un giovane scout di appena 14 anni, colpito da una raffica partita dall’arma di un agente della polizia nazionale bolivariana (Pnb) che reprimeva una manifestazione a San Cristobal (stato di Tachira), ha provocato la reazione dell’intera opposizione e soprattutto dei movimenti studenteschi che sono scesi in piazza in tutto il Paese per esigere le dimissioni del direttore della Polizia nazionale bolivariana e la deroga della Risoluzione 8610 del ministero della Difesa che da gennaio autorizza la forze di polizia “all’uso di armi da fuoco nel respingere le manifestazioni pubbliche ritenute violente”. Nella città di Caracas, capitale del Venezuela, un gruppo di studenti è riuscito ad avvicinarsi alla sede del ministero dell’Interno per reclamare giustizia. Portavano quaderni dipinti con macchie rosse che simbolizzavano il sangue del ragazzo assassinato e sulle loro camicie un messaggio di speranza: “Riconciliamo il Paese”. I giovani sono riusciti a farsi ricevere dalle autorità: il viceministro Giuseppe Cacioppo ha assicurato che per l’omicidio di Roa ci sono già nove persone detenute, compreso l’agente della Pnb autore dello sparo mortale.

Richiesta di aiuto. Il 28 gennaio gli studenti venezuelani dell’Università di Los Andes (Ula) hanno chiesto aiuto al nunzio apostolico, monsignor Aldo Giordano – in occasione della sua visita a Mérida – per salvare gli studenti “detenuti, torturati e perseguitati dalla dittatura del regime di Maduro Moros” e denunciare una vera “caccia all’uomo” che obbliga molti studenti a rimanere nascosti. Secondo il documento firmato dal Movimento “Studiante Ula” e consegnato al nunzio, ci sarebbero non meno di 150 studenti venezuelani privati della libertà e sottoposti a torture. Dopo la sua missione a Merida per celebrare i 30 anni della visita di San Giovanni Paolo II, monsignor Giordano ha ricevuto minacce. Sia la chiesa del “Llano” sia la chiesa di “Milla” sono state imbrattate con scritte contro il nunzio apostolico e colpite con molotov.

No alla violenza e all’odio. Degli arresti illegali di persone nel Venezuela si parla anche nel rapporto annuale di Amnesty International sullo stato delle libertà nel mondo. Si fa riferimento, infatti, a decine di persone detenute in forma arbitraria senza possibilità di accedere a un legale o a un medico e si riafferma che si sarebbe fatto un uso eccessivo della forza nella repressione delle pubbliche manifestazioni e che si sarebbero registrate torture e maltrattamenti di manifestanti. Nonostante le proteste sociali, che hanno a che vedere anche con i gravi problemi economici derivanti dall’inflazione del 60% e il calo a livello internazionale del prezzo del petrolio, il presidente Nicolás Maduro ha annunciato che non consentirà che l’opposizione si presenti alle elezioni parlamentari, se sospettata di promuovere la violenza. Dichiarazioni inaccettabili: tutte le previsioni affermano che il governo perderebbe oggi largamente le elezioni per l’Asamblea Nacional. Dal canto suo, Maduro continua ad assicurare che gruppi paramilitari colombiani sarebbero entrati in Venezuela per organizzare episodi di violenza negli stati di Zulia e Táchira, ripetendo lo stesso argomento citato l’anno scorso in occasione delle massicce manifestazioni che trasformarono San Cristobal (stato di Táchira) nell’epicentro delle cosiddette “guarimbas” (picchetti). “La destra sta istruendo i giovani su come generare violenza, iniettando nelle loro anime odio e desideri di rappresaglia”, ha affermato Maduro nelle ultime ore. Ma la madre del ragazzo assassinato dall’agente ha detto: “Mio figlio è stato ucciso per odio”. Senza voler esasperare la frattura, i pastori venezuelani hanno condannato l’arbitrarietà del regime ed hanno chiesto al governo del presidente Maduro di fermare la violenza e di non utilizzare metodi e armi contrari alla dignità delle persone.