Un viaggio nel Barocco tra arte e musica

Con “Capriccio Italiano Festival” la riscoperta dei grandi compositori italiani

Proviamo per un attimo a immaginare di fermare il tempo e, come d’incanto, poter tornare al XVII secolo. Siamo nella Roma papalina di Innocenzo X, Alessandro VII e Clemente IX, la città capitale indiscussa delle arti e del Barocco, con Bernini, Borromini, Algardi, Pietro da Cortona e tanti altri. Negli stessi anni la musica, soprattutto quella strumentale, fuori dalle abili improvvisazioni esecutive di epoche precedenti, vive una stagione di pieno fermento creativo e di rigorosa ricerca imitativa con Corelli, Pergolesi e Gabrielli. Le loro composizioni brevi ed esuberanti, che prendono i nomi di “ricercare, fantasia, capriccio, canzona e sonata”, scandiscono i tempi dello stile toccatistico e preludiante dei brani strumentali, tra rigore e singolari arditezze armoniche. Sembra un tempo lontano eppure, forse, ancora oggi è possibile percepire quella “maraviglia” e quelle sensazioni: è quanto ha proposto un’interessante iniziativa chiamata “Capriccio Italiano Festival” che offre una sorta di viaggio nel tempo attraverso la riscoperta dei grandi compositori italiani, le cui musiche vengono magistralmente eseguite da rinomati maestri italiani in suggestive cornici architettoniche, che sono proprio i luoghi della Roma barocca.
Qualche sera fa si è tenuto un concerto presso la sagrestia del Borromini, nella chiesa a Sant’Agnese in Agone a Piazza Navona. L’edificio rappresenta una delle più straordinarie creazioni del Seicento, frutto di un genio che non fu dai suoi tempi pienamente compreso: Francesco Borromini. Chiamato da Innocenzo X quando la chiesa era già avanti con i lavori, l’architetto ticinese apportò sostanziali e determinanti modifiche rispetto al progetto iniziale di Girolamo Rainaldi. L’originale impianto a croce greca fu modificato internamente incidendo soprattutto sui bracci e sugli elementi di decoro; ne scaturì una nuova forma a ottagono, modulato secondo uno sviluppo ritmico degli altari che si presentano ora concavi ora convessi, dilatando così illusoriamente lo spazio centrale. Inoltre, Borromini accentuò maggiormente l’impianto attraverso un vigoroso gioco di cromie: al biancore dei rilievi marmorei posti nelle nicchie, dove erano rappresentate le scene della vita di Santa Agnese, Santa Emerenziana, Santa Cecilia, realizzate da Ercole Ferrata, Antonio Raggi e Giovanni Francesco Rossi, affiancò le colonne in marmo rosso di Cottanello.
Da geniale architetto quale era, intervenne poi sulla cupola liberandola dall’esiguo spazio a cui sarebbe stata condannata dal progetto di Rainaldi e sopraelevandola attraverso un altissimo tamburo. Internamente la stessa cupola è stata decorata dall’affresco, vorticoso e coloratissimo, di Ciro Ferri, allievo di Pietro da Cortona, che rappresenta “La Gloria del Paradiso”. L’architetto ticinese riuscì quindi a dare un nuovo e più moderno significato alla costruzione a pianta centrale rinascimentale. In questo luogo straordinario il virtuosismo del violino di Giulia Buccarella e la raffinatezza armonica del tocco al pianoforte di Francesco Buccarella hanno fatto rivivere le emozioni e le sensazioni enfatiche delle sonate di Locatelli, Tartini e di Nardini, sviluppate secondo le svariate tecniche violinistiche dei tremoli, pizzicati e colpi d’arco sul ponticello, fino all’esecuzione, quasi una rarità, della “Ciaccona” di Tommaso Antonio Vitali. E così il tempo si è come fermato, si potevano riassaporare i fasti, le musiche e le meraviglie della Roma sei-settecentesca, ammirare il genio creativo di Francesco Borromini e dimenticare per un attimo i trambusti e lo stridore frenetico della città moderna.