Via Crucis ad Amatrice: «Venerdì Santo ininterrottamente dal 24 agosto, una croce è stata piantata in questa terra»

«Ogni giorno è Venerdì Santo nel mondo e per noi lo è ininterrottamente dal 24 agosto» quando in quella «notte d’estate, in mezzo a gente allegra e spensierata, è stata piantata una croce su questa terra. Una croce più crudele e devastante di qualsiasi nostra immaginazione. Amatrice e Accumoli inghiottite in un attimo».

Lo ha detto monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, chiudendo la Via Crucis che si è svolta oggi nella Zona Rossa di Amatrice. Oltre un centinaio di abitanti della cittadina dei monti della Laga, tra loro anche il Commissario straordinario per la ricostruzione Vasco Errani, con sacerdoti, frati e suore, hanno sfilato silenziosamente e in preghiera lungo un percorso di oltre un chilometro costeggiato di macerie.

«Sentiamo ancora l’odore acre della morte che non ha risparmiato nessuno. Camminare per questo spazio vuoto, anzi, pieno solo di macerie, aumenta il nostro disorientamento. Senza case, senza chiese, senza negozi, senza piazzette, in effetti non c’è vita – ha detto mons. Pompili – è vero, ci anima il desiderio di rivedere in piedi questa terra, ma non possiamo nascondere la paura e l’incertezza che ci attraversano».

Nella sua riflessione finale il vescovo ha ricordato il grido di Gesù dalla croce: «Mio Dio, mio Dio perché mi hai abbandonato?» che, ha sottolineato, «non è uno sfogo ma l’estrema reazione di chi piange i suoi cari, le sue cose, i suoi sogni. Il Crocifisso non piange su di sé. Se ci fosse solo la Croce non avremmo scampo. La Croce fortunatamente non è vuota, su di essa sta il Crocefisso che non scende e vi muore senza rancore e senza odio».

«La speranza non è una botta di ottimismo, né si regge sulle fragili spalle delle promesse umane» ha dichiarato il vescovo di Rieti. «La speranza è il volto tumefatto del Salvatore che continua a darci fiducia. Nel suo abbraccio indifeso e debole nessuno può restare indifferente” provando la sensazione che “la vita è più forte della morte. Tocca a noi stavolta, cuori feriti ma non rassegnati, credere fino in fondo a questa possibilità».

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