Il vescovo ai giovani: «vivere tutto con l’intensità di chi sa che ogni attimo è irripetibile»

È stato un invito a mettersi in movimento, a non lasciarsi cogliere impreparati dalla vita, la Lectio che il vescovo Domenico ha rivolto ai giovani lo scorso venerdì. Il primo degli appuntamenti per l’Avvento in programma nella chiesa di Santa Maria Madre della Chiesa, ha visto mons. Pompili commentare l’immagine evangelica del ladro che viene di notte. «Non è Dio» ha subito precisato il vescovo a scanso di equivoci, riconducendo la figura all’imprevedibilità dell’esistenza.

«Qui a Rieti, fino a qualche mese fa, ci si lamentava perché non succedeva nulla. Da tre mesi a questa parte non c’è giorno che non accada qualcosa. Chi ci garantisce? Nessuno: l’imprevedibilità della vita ci deve rendere persuasi che finché stiamo in piedi non possiamo mai essere del tutto tranquilli».

L’invito è dunque a non lasciarsi sopraffare dall’«aria del nostro tempo»: quella di cui è complice una certa agiatezza economica. «Da un po’ di anni stiamo attraversando la crisi – ha ammesso don Domenico – ma sostanzialmente la vita di noi occidentali è abbastanza tranquilla. Occorre drizzarsi rispetto a questa atmosfera ovattata, che sembra volerci mettere al riparo da qualsiasi pericolo, mentre la vita è pericolosa per definizione».

«Quando stiamo troppo bene, quando tutto sembra filare liscio, inevitabilmente perdiamo la nostra consapevolezza. È soprattutto quando non avvertiamo più il pericolo che è necessaria la vigilanza» ha incalzato il vescovo, che dal testo di Matteo ha tratto qualche indicazione sul modo di non farsi cogliere di sorpresa dalla vita.

Ad esempio prendendo atto che «anche il dolore, la sofferenza e la delusione non sono macerie soltanto, ma possono diventare materiale per ricostruire se stessi. Perché Dio si trova dove meno te l’aspetti e spesso proprio là dove mai avresti pensato».

Ma anche lasciare la porta aperta a qualcosa di inedito, senza lasciarsi schiacciare dalla routine quotidiana è utile. L’esempio è nella figura biblica di Noè, che «verosimilmente mangia e beve, mette al mondo dei figli, ma nel frattempo costruisce l’arca», perché «prevenzione è una brutta parola, ma è vero che è meglio prevenire che piangere».

E qui si coglie un’altra maniera di essere vigilanti, perché «previene chi si prepara alla vita con un tirocinio rigoroso: se non vogliamo che i ponti crollino occorrono ingegneri seri. Questo lavoro nascosto della preparazione oggi è sottovalutato. La sensazione è che ci si improvvisi, ma in realtà, dallo sportivo al musicista, solo un lungo apprendistato garantisce dei risultati. Prepara l’arca chi si adopera per una formazione seria che non lascia nulla di intentato, che sa portare a termine i percorsi di studio».

Una formazione che riguarda anche il mondo interiore, e non solo perché «la cultura è un patrimonio che non invecchia e che fa tutt’uno con la vita», ma soprattutto perché «avere un mondo interiore significa reagire quando tutto crolla intorno a noi».

È la differenza tra le «persone compiute» e la «gente irrisolta»: stare pronti «è l’ideale di chi in qualsiasi momento può dire di aver vissuto pienamente» e «la pienezza è ciò che garantisce la prontezza». Non è possibile sapere quanto e come vivremo, ma «l’ideale – ha concluso mons. Pompili – sarebbe di vivere tutto con l’intensità di chi sa che ogni attimo è irripetibile. E per conservare questa tensione non smette di gridare. “Maranà tha! Vieni Signore Gesù!”».