Verso la tecnocrazia?

In Grecia e Italia l’esecutivo scivola verso le mani di “esperti” indipendenti (dal voto, ma non dal circuito della finanza globale) per varare le riforme d’emergenza. Un arretramento della politica pericoloso perché aumenta la diffidenza dei cittadini verso una democrazia che si fa sempre più indiretta.

La crisi economica degli ultimi anni ha avuto l’esito che abbiamo sotto gli occhi per evidenti ragioni, alcune delle quali approfondite anche dall’editoriale di Eugenio Scalfari su «La Repubblica» di domenica 6 novembre.

Tra le righe, e neppure tanto, si può leggere che le colpe non sono tanto di una parte politica piuttosto che di un’altra, ma di tutto un sistema politico che si è consolidato negli ultimi anni, condizionato anche dai cosiddetti “parametri” europei.

Scalfari prevede governi di larghe intese, come si dice in politichese, o di tecnici che abbiano il fegato per fare scelte coraggiose.

Ma già nel passato il nostro Paese ha conosciuto governi presieduti da tecnici, quando i politici di allora, democristiani e socialisti, non erano in grado di reggersi con le proprie gambe a motivo di maggioranze ballerine, meglio ancora, traballanti.

Con la riforma elettorale queste situazioni non si sarebbero dovute più verificare, eleggendo direttamente il Capo del Governo, poiché la responsabilità di scelte gravi e forse anche dolorose, deve essere di chi è eletto dal popolo. Teorie, soltanto teorie. Perché l’eletto dal popolo non se la sente di perdere consensi, solo per agire con l’intento di realizzare il bene comune.

Questo è, ad esempio, l’atteggiamento della Lega, ma non solo.

L’idea di rivolgersi a tecnici che mettano le mani su pensioni, stipendi, spesa pubblica, tasse e imposte, solleva la politica da responsabilità contingenti, dà respiro ai politici che alzano le mani in favore del cervellone che rimette a posto le cose, e offre loro la possibilità di fare una lunga campagna elettorale in cui possano proporsi per traghettare l’Italia o la Grecia o qualsiasi altro Paese verso un nuovo Eldorado.

Di questi tecnici tanto capaci, però, non ci si serve prima, quando potrebbero dare preziosi consigli per cambiare il corso delle cose, facendo in modo, però, che la responsabilità politica di scelte anche coraggiose se la prendano tutta i politici eletti.

Sia i governi di larghe intese che quelli tecnici servono per fare scelte impopolari – lo dicono gli stessi politici – ma rappresentano il fallimento della politica e la retrocedono a governo incolore dell’ordinaria quotidianità, poiché incapace di tracciare un preciso indirizzo di marcia.

Non si può diventare credibili solo a seguito di scelte dolorose di cui la politica non ha voluto e saputo farsi carico, affidandosi a tecnici che non faranno male proprio ai politici in carica, cercando di salvaguardare i loro bei diritti “acquisiti”, ma solo tra virgolette acquisiti.

Questo potrebbe significare diverse cose: per esempio che la democrazia non funziona bene o per niente nei momenti di crisi, in quegli snodi storici che saranno sempre più frequenti; oppure può voler dire che il popolo sceglie politici non preparati adeguatamente ad affrontare le difficoltà, ma più ancora incapaci di avere un progetto a lungo respiro, per esempio riguardo al mercato del lavoro, alle grandi scelte di politica economica e di welfare.

Basti solo un esempio a questo riguardo: quando in campo sanitario si risparmia sul personale specializzato in quanto a numeri, ciò vuol dire che in caso di malattia o assenza – cose che si verificano tutti i giorni – i malati per fare pochi esami sono tenuti in corsia per giorni con costi elevatissimi, se si moltiplica la cosa per tutti gli ospedali e per un numero indefinito di casi.

Lo Stato non risparmia, ma spende di più. I tecnici, di varia estrazione e di scuole di pensiero diversificate, devono essere sempre consultati, ma solo la politica deve avere il coraggio di fare le scelte che si impongono anche rimettendoci la faccia.

Se usciremo dal tunnel, come si spera, il merito sarà anche di un Paese in-credibile, che ha tante risorse, ma veramente poco fegato.