Vangelo del lavoro

La questione del lavoro, e tutto ciò che è connesso al soddisfacimento dei bisogni e delle necessità dell’uomo, è sempre stata cruciale, lo è oggi e lo sarà sempre.

Essa è riassunta anche nell’espressione “sbarcare il lunario” per dire che avere di che vivere è la prima preoccupazione delle persone di buon senso.

Nel passato la coltivazione della terra e l’allevamento del bestiame erano l’unico modo per vivere; un sistema economico fondato su questi due elementi, a cui si aggiungeva il baratto come modo per procurarsi ciò che non si poteva coltivare e allevare, è stato alla base della vita economica e sociale per secoli.

Modi sbrigativi per sopravvivere ci sono sempre stati, come il furto e la prostituzione, in aggiunta o in sostituzione di quelli tradizionali.

In molte zone del pianeta, quelle dette del terzo o addirittura del quarto mondo, ancora funziona così per la maggior parte della produzione.

Dalle nostre parti, nel mondo industrializzato, le cose sono un po’ diverse, anche se si mangiano ancora i frutti della terra e le braciole di pecora; l’ impiego pubblico o l’inserimento nel mondo del lavoro privato che dia garanzie e buoni guadagni è ancora il desiderio di tanti, ma diventerà sempre più difficile e le garanzie di un tempo saranno mano a mano smantellate.

La Chiesa ha seguìto questa evoluzione anche con importanti documenti che hanno segnato le tappe della cosiddetta dottrina sociale e in molti casi, grazie anche a personalità che hanno dato un loro specifico apporto alla riflessione, ha anche contribuito alla soluzione dei problemi dei lavoratori: penso a Leone XIII, a San Giovanni Bosco e all’opera che ancora oggi i salesiani fanno in tutto il mondo.

Mi capita spesso di vedere le trasmissioni di telepace che realizza dei servizi in varie parti del mondo dove i salesiani hanno istituito scuole professionalizzanti che si fondano su tre aspetti: lo studio, il lavoro, la formazione religiosa e morale.

I primi due non sono sufficienti, oggi soprattutto. Il terzo fa la differenza, per mettere a frutto pienamente gli altri due.

La Chiesa anche dalle nostre parti, senza lasciare solo ai salesiani il compito di formare lavoratori cristiani, deve tornare ad annunciare il “Vangelo del lavoro”, a parlare ai lavoratori, a conoscere i loro problemi e ad accompagnarli nel difficile cammino della loro risoluzione.

Dire la Messa in una fabbrica la notte di Natale, francamente, non ha più senso se mai ne ha avuto uno. Basta con le Messe! La Chiesa non parla solo con le Messe e solo nelle Messe.

Le parrocchie possono diventare anche i luoghi privilegiati per un nuovo e originale annuncio del Vangelo del lavoro, perché lì si incontrano lavoratore e datore di lavoro, il capo e l’operaio, l’imprenditore e il dipendente.

Lì i credenti, a seconda del loro ruolo, quello che ricoprono nel posto di lavoro e nella società, si incontrano come fratelli in Cristo e non è poco, è l’unico luogo dove questo succede.

Il predicozzo della domenica non basta e spesso non serve. A volte è talmente generico che il “padrone” pensa che sia a favore suo e il lavoratore a vantaggio suo.

Bisogna scendere al cuore dei problemi e tornare a fare un lavoro pastorale propositivo e progettato.

La pastorale del lavoro in ogni parrocchia dovrebbe favorire la conoscenza in senso cristiano di chi già si conosce per motivi di impiego e una vita di comunione e di relazione in parrocchia, che sia sensibile ai problemi del lavoro, potrebbe avvicinare gli uni agli altri grazie a specifiche occasioni in cui si possano affrontare i concreti problemi delle persone.

Ancora il Vangelo può essere l’àncora di salvezza per i problemi del lavoro, come per la famiglia e per la vita.

Ancora Cristo, nonostante il pessimo esempio di alcuni suoi seguaci.