Chiesa di Rieti

Unità, riconoscimento e tradizione: il discorso alla città del vescovo Domenico per Santa Barbara

La luce che squarcia la nebbia: è stata questa la metafora usata dal vescovo Domenico, in occasione del suo tradizionale “Discorso alla Città”, pronunciato in Cattedrale in occasione della celebrazione dei primi vespri alla vigilia della festa della patrona santa Barbara

La luce che squarcia la nebbia. È stata questa la metafora usata dal vescovo Domenico, in occasione del suo tradizionale “Discorso alla Città”, pronunciato in Cattedrale in occasione della celebrazione dei primi vespri alla vigilia della festa della patrona santa Barbara.

«Se dovessi trovare un’immagine per dire come siamo messi penso alla nebbia», ha detto monsignor Pompili in un duomo gremito di fedeli e autorità. «Esattamente quell’atmosfera avvolgente che dalle prime ore del giorno fino a metà mattinata ci tocca sopportare. La sensazione è di immobilità e di disorientamento. Ma poi – quando la nebbia si dirada – si intuisce la vitalità e la fecondità dell’acqua che rimette tutto in movimento. Rieti è, effettivamente, come avvolta nella nebbia: spesso immobile ed invisibile. Ma questa è soltanto una faccia della medaglia. Quando si alza la nebbia qualcosa si muove e accade di scoprire un capitale di risorse inutilizzate».

Il vescovo elenca le sfide della città, i dati statistici sulla città capoluogo e sulla provincia, che verranno presto presentati in una prossima pubblicazione curata dalla Chiesa di Rieti, nata dagli incontri di cittadinanza di RiData: Il calo demografico, la contrazione dell’industria e perfino dell’agricoltura, la frammentazione sociale e l’impoverimento culturale.

«Tuttavia, ad un’analisi più approfondita si scoprono tendenze interessanti», – prosegue Pompili illustrando la crescita del settore dei servizi, l’aumento delle imprese biologiche certificate e il conseguente miglioramento della salute, degli stili di vita e della sportività. Ma anche la formazione e l’educazione scolastica raggiungono a volte buoni standard di qualità, «ma non bisogna abbassare la guardia e si richiedono nuovi investimenti».

«Che fare? Se le cose stanno così, il futuro non deve trovarci immobili e disorientati, ma per via e soprattutto orientati verso uno sviluppo che fa leva sul ben essere prima che sul ben avere».

Ma poi, in mezzo a tanta nebbia e a giornate brevi, piovose e buio, arrivano sprazzi di luce, improvvisi, inaspettati. Come ad esempio la visita di papa Francesco, che ha “sconvolto” gioiosamente la Valle Santa reatina.

«Cosa ci ha regalato questa visita a Greccio, seguita in TV da più di 6 milioni di persone?»: il vescovo pone l’accento su tre doni.

Il primo è stato il dono dell’unità

«Ci ha fatti ritrovare tutti insieme: istituzioni e cittadini, chiesa e popolo, scuola e società civile, mondo del volontariato e delle professioni. Quando si fa corpo e si sceglie di non dividersi in nome di campanilismi, interessi di parte, posizioni di rendita si sta investendo sul futuro più di quello che si pensi. Dichiarare la propria identità comune prima che frammentarsi in tanti piccoli borghi è la strada per far lievitare un territorio in mezzo ad un mondo che è sempre più piccolo e globale».

Il secondo dono è stato quello del riconoscimento di ciascuno

«Ci ha fatti sentire importanti. Col suo inconfondibile stile papa Francesco si è avvicinato a tutti: a partire dai disabili ai bambini, dai frati ai preti, dalle autorità alla gente. Riallacciare i legami tra di noi, intensificare le relazioni, moltiplicare i contatti tra le diverse generazioni è una risorsa indispensabile per non lasciarsi svuotare dall’isolamento e dalla tristezza.

Il terzo dono è stato quello della tradizione come una cosa viva

«Infine, il terzo dono è stato quello della tradizione come una cosa viva che non si accontenta di ricordare, ma chiede di essere interpretata in modo nuovo e vitale. La tradizione del presepe, ad esempio, non è riprodurre l’identico sempre uguale a se stesso, ma provare a ricreare l’autentico segno francescano con creatività».

Dunque, a detta di don Domenico, la “rivoluzione gentile” evocata nel discorso dello scorso anno, «che in pubblico ci si augura, salvo poi in privato smentirla e perfino ridicolizzarla, è una possibilità alla nostra portata. Rispetto allo scorso anno qualcosa si muove. Ma c’è molto da fare e da portare avanti».

In conclusione, una citazione del poeta portoghese Fernando Pessoa: c’è, tra me e il mondo, una nebbia che impedisce che io veda le cose come veramente sono – come sono per gli altri, e l’affidamento alla patrona Barbara, « il cui martirio ha indicato la via per trasformare una società decadente e bisognosa di nuova energia spirituale».