Unità dei cristiani: Maxim, mite e rigoroso

Nel film ”Il mio ministero” la testimonianza del patriarca ortodosso di Bulgaria.

Martedì 22 gennaio nella sede di Radio Vaticana sarà presentato “Il mio ministero” il film biografico sul patriarca ortodosso bulgaro Maxim. Un uomo anziano che percorre i sentieri della montagna appoggiandosi al suo bastone, poi va al cimitero, pronuncia una preghiera per i defunti genitori. Poi arriva al monastero di Trojan dove all’età di 12 anni era entrato come novizio. Sono immagini tratte dal film sul patriarca bulgaro Maxim “Il mio ministero” che sarà presentato a Roma per inziativa dell’Ambasciata bulgara presso la Santa Sede in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il 21 gennaio ricorre anche l’onomastico del defunto patriarca nella festa ortodossa di san Maxim, confessore. Scomparso lo scorso anno all’età di 98 anni il patriarca Maxim ha retto la Chiesa ortodossa bulgara per ben 41 anni, nel periodo del comunismo, durante lo scisma che ha diviso la Chiesa bulgara in due sinodi e all’inizio del terzo millennio. Per capire chi era il patriarca Maxim e quali sono le aspettative dei fedeli bulgari per il prossimo capo della loro Chiesa Iva Mihailova ha intervistato per Sir Europa il giornalista della televisione nazionale bulgara Goran Blagoev, autore del film “Il mio ministero”. Oltre a più di 30 film, Goran Blagoev ha realizzato interviste anche con il patriarca russo Alessio II, il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I ed il patriarca serbo Pavle.

“Il mio ministero” è un film-ritratto del patriarca Maxim, uscito nel 2004 in occasione del 90.mo anniversario del patriarca. Ci racconti dell’idea del film e della sua elaborazione.

“Per questo film sono stato ispirato dal libro di Vittorio Messori “Varcare la soglia della speranza”, per la sua ampia intervista con papa Giovanni Paolo II. Ho iniziato a sognare di poter fare un giorno un’intervista simile al patriarca bulgaro Maxim. Così è successo che la mia intervista al patriarca è stata l’unico grande colloquio che lui abbia mai avuto con un giornalista. Il film è stato girato nella residenza di Sofia, in quella estiva nei pressi della capitale vicino al monastero di Dragalevzi e nel monastero di Trojan, dove ha fatto i suoi primi voti da monaco. È stato incredibile lo stoicismo del patriarca per questa intervista, soprattutto la prima volta lui è rimasto ben sei ore di fronte alla telecamera. Il film rivela anche alcuni fatti storici sconosciuti finora degli incontri del patriarca con il segretario del partito comunista Todor Zivkov che voleva nominare i vescovi come capi dell’organizzazione del Fronte della Patria (organizzazione politica di sinistra dominata dai comunisti). Il patriarca confessa anche il suo desiderio di giovane seminarista di diventare monaco del monte Athos.

Che cosa l’ha colpita di più nella personalità del patriarca?

È stato un monaco impeccabile come comportamento, viveva molto modestamente, amava molto la preghiera e la liturgia. Anche in età avanzata prima di entrare in ospedale per l’ultima volta, lui celebrava la liturgia pasquale per tre, quattro ore. Amava molto la natura, era molto contenuto, aveva l’attitudine giusta per ogni situazione. Durante le riprese del film abbiamo scoperto un uomo con un senso di umorismo, molto mite e calmo ma allo stesso tempo autoritario e duro se necessario. L’anno scorso ho scoperto dei documenti nei quali viene menzionata la probabilità – tutta da verificare – che il patriarca Maxim abbia collaborato con i servizi del partito comunista finché era vescovo. È stato un uomo della preghiera ma anche un uomo del silenzio. Sicuramente il tempo del comunismo ha predisposto il suo modo di distanziarsi, di sembrare una persona che non si lascia avvicinare.

Lei ha fatto interviste a quattro patriarchi, potrebbe fare un confronto con il patriarca Maxim?

Capo di una chiesa ortodossa non grande, lui non era un protagonista nella grande politica come il patriarca Alessio II oppure come quello di Costantinopoli Bartolomeo. Il patriarca Maxim sicuramente non era un diplomatico in tonaca, era molto contenuto ed evitava di giudicare. L’avrei paragonato al patriarca serbo Pavle, tutti e due erano uomini dei Balcani, di origini popolari.

Il 24 febbraio sarà eletto il successore del patriarca Maxim, di quale guida ha bisogno la Chiesa ortodossa bulgara in questo momento?

Da ormai 24 anni il popolo ortodosso bulgaro ha bisogno di un leader carismatico, di un vero padre spirituale che faccia rinascere la fede e faccia tornare i giovani alla fede.

Il tema per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani per quest’anno è “Quel che il Signore esige da noi”. Nella luce del dialogo ecumenico come interpreta questo passo della Sacra Scrittura?

Lo interpreto sotto due aspetti: individuale e comunitario, in piano personale il Signore vuole da noi di essere suoi, di vivere nel modo che lui ci ha indicato anche se il mondo non vive così. Dio non vuole chiese con ornamenti ricchi o vesti preziose ma amore e carità. Purtroppo nei rapporti tra le varie confessioni c’è troppa politica che ci divide. Mi ricordo quanto è stato difficile realizzare l’incontro tra il patriarca Maxim ed il papa Giovanni Paolo II, il grande entusiasmo, e i risultati concreti che non abbiamo mai visto. A volte mi sembra che ora la Chiesa ortodossa bulgara sia più lontana dal dialogo. Il defunto igumeno del monastero di Rila, il vescovo Joan, che è stato osservatore al Concilio Vaticano II diceva “Le mura della divisione non arrivano al cielo.” Il Signore vuole l’unità della Chiesa e se siamo cristiani veri, non importa di che confessione, dobbiamo pregare per questa unità.