Una piccante fiera delle vanità

Sei felice, sei, dei pensieri tuoi,
godendo solo d’argento e d’oro,
alla fine che ti resterà?
Vanità di vanità.
Angelo Branduardi
(Vanità di vanità)


La Fiera Internazionale del Peperoncino, ormai sulla linea di partenza, continua a suscitare polemiche in città. Infatti c’è chi non la vede di buon occhio e chi guarda all’iniziativa con soddisfazione.

Il tutto in strada o al bar, ovviamente; al massimo sulla rete. La maggioranza dei media locali, infatti, si accontenta di pubblicare i comunicati stampa, celebrativi e interessati, degli organizzatori. Tirano a campare, insomma, o più semplicemente non si impicciano.

I contrari all’iniziativa fondano il loro disappunto sulla totale estraneità del peperoncino alle nostre coltivazioni e tradizioni. Lamentano una sovrapposizione di interessi e maestranze sulla città che per qualcuno ha il sapore di una disinvolta invasione. L’atteggiamento poco misurato tenuto lo scorso anno da certi politici verso un pungente giornalista del «Fatto Quotidiano» ha colpito molti. E a questo va aggiunto il fastidio di tanta parte della cittadinanza per il consistente finanziamento pubblico dato all’iniziativa, quasi di nascosto, da Provincia e Comune di Rieti per la passata edizione.

Tutti argomenti pretestuosi e disfattisti secondo i sostenitori della fiera. Finalmente, dicono entusiasti, c’è una buona idea da sostenere con orgoglio e fatica. Contano poco i modi e i contenuti: l’importante è far uscire la città dall’ombra, creare occasioni di sviluppo. Predicano il coinvolgimento: scuole, università, enti pubblici e operatori commerciali dovrebbero impegnarsi ad esaltare il peperoncino e le sue virtù. I fan della fiera paiono quasi voler riprogettare il volto dell’intera città per adattarlo meglio ai desiderata degli amanti del piccante. C’è addirittura chi si appella maldestramente a Platone per invitare la realtà reatina ad adeguarsi ad una delle migliori idee approdate fin’ora in città.

Che dire: ognuno immagina lo sviluppo come vuole. In tanti lo riconoscono nel denaro: in quanto ne hanno da spendere e ancor più da incassare. Più defilato il gruppo di quelli che cercano e sperano una città che cresca in civiltà e qualità umane. E tra i due estremi c’è una moltitudine di posizioni intermedie, ovviamente.

Comunque sia, è facile prevedere che alla fine… della fiera il peperoncino deluderà entrambi gli schieramenti. Saremo miopi, ma non sembra che l’esposizione campionaria mondiale della piccantezza apra la città a chissà quale miglioramento. Se davvero l’obiettivo politico degli organizzatori fosse stimolare un qualche sviluppo locale, sarebbe ampiamente mancato.

Piuttosto l’operazione sembra raccontare di una città che insiste a coltivare ambizioni spropositate rispetto ai propri mezzi. Tra il fare piccoli passi concreti e il tentare il colpo grosso si sceglie sempre il secondo.

Forse è la conseguenza di un qualche complesso di superiorità. È così che i soliti noti possono far vedere i muscoli. Un elenco di patrocinanti prestigiosi, fin troppo lungo, dice quanto si conta, consolida qualche posizione e dà buona visibilità.

Ma la città non è mai stata, né sarà, più ricca, sana e colta per questo. C’è da scommettere che nonostante i turisti e gli ospiti di prestigio non sarà neanche più pulita. Chi ha rendite continuerà a godersele e chi fa la fame continuerà a patirla. E il peperoncino sarà l’ennesimo simbolo di una inutile vanità che non cambia nulla.