Una o tante “Europe”? Bastare guardare il Pil

Eurostat svela il Prodotto interno lordo pro capite dei cittadini Ue, divisi per regioni amministrative. Nel cuore di Londra vivono gli europei più ricchi, invece quelli con minori mezzi economici abitano nel nord ovest della Bulgaria. Differenze di reddito abissali si registrano all’interno di singoli Paesi, come avviene in Italia. Un elemento da considerare quando si riflette sul futuro del continente

È sempre attuale la disputa sull’esistenza di una Europa o più “Europe”, considerando i molteplici volti – storico, culturale, linguistico, religioso, sociale, economico – del Vecchio continente. Senza scomodare la filosofia greca o il diritto romano, oppure Dante, Goethe e Shakespeare, o magari le diverse fedi religiose praticate (cristianesimo nelle diverse accezioni, ebraismo, islam…), è sufficiente dare una scorsa agli ultimi dati pubblicati da Eurostat per farsi un’idea di quante diverse e concrete realtà convivano all’interno dell’Ue.

L’Ufficio di statistica della Commissione ha infatti reso noto il Prodotto interno lordo (Pil) delle 276 regioni amministrative in cui sono suddivisi i 28 – tra poco 27 – Paesi aderenti. I dati regionali, rispetto a quelli nazionali scendono nel dettaglio e così si scopre che mentre l’Inner London-West, cuore della capitale britannica, vanta un Pil per abitante pari a 212.800 euro l’anno, nella regione bulgara del Severozapaden tale cifra si riduce a 3.900 euro l’anno. E se si stabilisce a 100 il numero indice pro capite nell’Ue (Standard di potere d’acquisto), Inner London si colloca a 580, e Severozapaden arriva a 29.

Differenze abissali, dunque, tra chi sta meglio e chi sta peggio economicamente. Anche perché oltre al livello di reddito, occorrerebbe fare riferimento ai servizi pubblici (scuola, sanità, trasporti ecc.) di cui si dispone vivendo in una ricca metropoli mitteleuropea piuttosto che in uno sperduto villaggio rurale in un Paese Baltico o su un’isola nell’Egeo.
Anche senza cercare i dati estremi, qualche ulteriore confronto appare subito impietoso. La gran parte delle regioni con un Pil pro capite più elevato si trovano (guarda a caso) in Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria; sul versante opposto, le regioni più “povere” sono in Bulgaria, Romania, Ungheria, Polonia, Grecia, salvo Mayotte, dipartimento d’oltremare francese a due passi dal Madagascar.

E ancora. Il Pil medio annuo degli abitanti di Bruxelles (dati fine 2015) è di 63.300 euro; ma quello delle cinque regioni fiamminghe del Belgio arriva a 37.300 euro, quelle delle cinque regioni vallone è di 26.400. Ossia un pesante divario tra nord e sud all’interno dello stesso Paese. Per fare altri esempi: in Germania il reddito medio di un residente ad Amburgo supera i 61mila euro l’anno, ma nel Brandeburgo si scende a 26mila, ossia meno della metà. Le regioni polacche hanno, nel complesso, un Pil pro capite attorno agli 11mila euro l’anno; quelle portoghesi salgono a 17mila; le austriache a 39mila; le regioni svedesi sono mediamente sui 46mila euro l’anno.

Non si rivela nulla di nuovo se si dà un’occhiata ai Pil pro capite delle regioni italiane. La Lombardia è – soldo più, soldo meno – a 35mila euro l’anno per abitante, il Veneto 31mila, le Marche 26mila, l’Abruzzo 24mila, la Sardegna 19mila, Puglia e Sicilia 17mila; chiude la classifica la Calabria con 16.600 euro a testa per anno.
Ovviamente le austere cifre non dicono tutto. Ma per comprendere la varietà dell’Europa il Pil è un elemento da non trascurare. Specie se si intende riflettere, progettare e poi agire politicamente a favore della vita quotidiana dei cittadini Ue.