Una mangiatoia per ostensorio

L’idea di dedicare all’Eucaristia forse uno degli anni più neri della crisi economica è un tentativo di rimettere al centro della vita ecclesiale reatina i problemi della gente, in cui la vita materiale acquisisca il suo vero peso, alla luce della vita spirituale, di cui l’Eucaristia è segno e pegno.

L’Anno Eucaristico reatino si è aperto il giorno di Natale con la lettura dell’Annuncio solenne in forma di provvedimento del Vescovo Lucarelli.

L’idea di dedicare all’Eucaristia forse uno degli anni più neri della crisi economica è un tentativo di rimettere al centro della vita ecclesiale reatina i problemi della gente, in cui la vita materiale acquisisca il suo vero peso, alla luce della vita spirituale, di cui l’Eucaristia è segno e pegno.

Proprio nel mistero dell’incarnazione, cioè di Dio che si fa uomo, l’Eucaristia trova uno dei suoi molteplici significati.

Gli aspetti celebrativi e formativi dell’Eucaristia, dalla Messa all’Adorazione, dalla Processione alla Catechesi, dovranno preparare e condurre a quell’attenzione ai poveri che spesso sembriamo perdere di vista nell’attività pastorale.

Da più di duemila anni le cose non sono poi cambiate così tanto. C’è chi si strafoga a mangiare e chi sopravvive con poco; c’è chi dorme in culle e letti dorati e chi in una greppia, c’è chi veste di lusso e chi prende i vestiti alla boutique della Caritas; c’è chi piange perché deve tagliare le pensioni e chi piange perché è finita la pensione prima di ricevere la mensilità successiva.

C’ è chi vuole la commissione ad actum per verificare se il suo stipendio è uguale agli altri europei, e chi se lo vede tagliato pure se è più basso di quello degli altri europei.

C’è chi pensa solo ai cavoli suoi e chi pensa prima al bene degli altri.

Nella mangiatoia di Betlemme è accaduto un fatto nuovo: l’immensamente grande si è fatto piccolo, il ricco si è fatto povero, il Signore si è fatto servo, la Parola si è fatta carne, il Tutto si è fatto nulla. Una Parola che si fa carne e poi diventa Pane, per essere divorato da tutti. La prima “esposizione eucaristica” la fece forse Maria o chi la aiutava: prese il Corpo di Cristo dal tabernacolo (il grembo di Maria) e lo pose nel primo ostensorio, la mangiatoia. La prima adorazione eucaristica della storia, a cui quasi da subito parteciparono i pastori, forse ignari di tutto, ignoranti e rozzi, ma semplici e curiosi, aperti al mistero.

La Chiesa, che poi si apre ai sapienti, rappresentati dai Magi, è Chiesa di poveri. Ogni altra perdita di tempo è risorsa sottratta alla causa dei primi cittadini di cui è composta.

Chiesa di poveri non vuol dire Chiesa povera e senza mezzi, come alcuni pretenderebbero, secondo utopie irrealizzabili e idealistiche.

Chiesa di poveri non vuol dire neppure Chiesa senza regole, solo in nome della carità cristiana, che deve essere sempre usata dagli altri.

Solo loro devono rispettare le regole quando esse sono a mio favore; solo loro devono applicare la carità cristiana quando essa è a mio favore.

L’ubbidienza descritta da Luca, secondo cui Maria e Giuseppe si recano da Nazaret a Betlemme per adempiere gli obblighi della legge romana, ci dice che l’autorità si rispetta sempre, pure quando chiede cose ai limiti del possibile.

La descrizione, ogni anno la stessa nella Messa della notte di Natale, se letta secondo la nostra storia di oggi, potrebbe portare ad un mancamento, tanto è attuale e scritta proprio per noi, per la nostra società, per la nostra Chiesa.

Ma forse è meglio che in tanti la continuino a leggere come una storiella di altri tempi per fare felici i bambini e qualche nostalgico rimbambito.

In essa veramente, invece, si sperimenta come il cristianesimo sia carne e sangue: roba utile per la vita, non per le chiacchiere!