Chiesa di Rieti

Una domenica per ritrovarsi

Chi all'aperto, chi al chiuso, dopo più di due mesi di lockdown i sacerdoti della diocesi si sono attrezzati per tornare a celebrare l'Eucaristia insieme al popolo, contando sulla collaborazione di fedeli volenterosi e partecipativi

Una domenica per ritrovarsi. Il giorno della solennità dell’Ascensione è coinciso con la prima domenica delle Messe con il popolo, seppur con le restrizioni dovute alle misure di sicurezza per arginare il contagio da coronavirus. Chi all’aperto, chi al chiuso, dopo più di due mesi di lockdown i sacerdoti della diocesi si sono attrezzati per tornare a celebrare l’Eucaristia insieme ai fedeli, contando sulla collaborazione di volontari esulla voglia di partecipare. E rivedersi è stata una gioia.

Complice il bel tempo, e con a disposizione un ampio spazio aperto, don Nicola ha potuto riabbracciare simbolicamente i suoi parrocchiani nel Centro di Comunità donato dalla Caritas Italiana al Bivio di Cantalice. Anche la sentita festività di San Giuseppe, a cui la chiesa è dedicata, era stata annullata a causa dell’epidemia, tra sconcerto e paura per i giorni a venire. Stavolta invece, sopra le mascherine, gli occhi brillavano della gioia di rivedersi, nonostante la ridotta presenza di persone, a sottolineare un timore ancora diffuso, soprattutto tra la popolazione più anziana.

A far sì che tutte le misure di sicurezza venissero rispettate, oltre al parroco, ci hanno pensato il sagrestano, i collaboratori parrocchiali e tutti coloro che hanno avuto desiderio di dare una mano. Sul sagrato di terra battuta sono state disposte le sedie, rigorosamente distanziate più di un metro l’una dall’altra, e a disposizione di tutti i dispenser di gel disinfettante per le mani. Ligi al dovere tutti i parrocchiani presenti, che si sono presentati muniti di mascherine e di voglia di collaborare.

Come da disposizioni, nessun foglietto per seguire la Santa Messa, né i libretti dei canti: ad animare, le voci di due sole persone, in attesa di tornare a formare i cori. Nessuno scambio della pace, sospesa la raccolta delle offerte, e per la Comunione don Nicola non usa le pinze ma i guanti, e chiede di restare fermi ai propri posti per poi passare di sedia in sedia. Una situazione apparentemente fredda e surreale, eppure calda dell’intensità del momento.

Le parole dell’omelia allentano la tensione e toccano il cuore, ricordando a tutti «che la salvezza e la speranza vengono dal Signore che può trasformare le situazioni, passate e presenti». Parole che hanno donato fiducia e tenacia in una situazione complicata, e spronato i presenti a riflettere sulla necessità di reinventare ancora una volta il nostro modo di vivere. Eppure, il bene c’è.

E c’è il bello di riassaporare la gioia di condividere, dopo tanta solitudine. La gioia soprattutto degli anziani e dei più piccoli, felici di rivedere il proprio parroco, e di incrociare di nuovo tante facce amiche.

Un’emozione rinnovata anche per don Nicola, come tutti i sacerdoti costretto da mesi a celebrare la Santa Messa di fronte ai banchi vuoti.

«Ho sentito il mio cuore riempirsi di gioia, di ricordi, di emozioni, di sentimenti, e soprattutto di speranza. Il suono delle campane è stato cosi forte da svegliare ogni cuore dormiente, da dare speranza a ogni cuore rassegnato. Ci dicevano che non è mai successa nella storia una cosa del genere, che una Pasqua non si sia celebrata nelle chiese, eppure abbiamo vissuto tutto questo. Fortunatamente abbiamo potuto celebrare l’Eucaristia tramite i mezzi tecnologici, però è stato molto strano. Da sacerdote di Dio, in questi giorni ho sperimentato quanto è grande l’amore che Dio ha per me, per la mia vita, perché ho potuto mangiare e bere del suo Corpo e del suo Sangue mentre tanta gente, che forse ha più fede di me e merita più di me non ha potuto farlo. Sono stato un privilegiato».

Ha collaborato Valentina Dionisi