Chiesa di Rieti

«Un uomo del nostro tempo profondamente affidato a Dio»: il vescovo ricorda mons Chiarinelli

Nella ricorrenza del primo anniversario dalla morte, il vescovo Domenico ha ricordato mons Lorenzo Chiarinelli con una Santa Messa nel cimitero di Pratoianni

«Da un anno che don Lorenzo manca al nostro sguardo e in questa particolare ricorrenza ci ritroviamo qui dove egli è nato»: ha iniziato così, il vescovo Domenico, la Messa in suffragio del confratello, figlio della Chiesa reatina da lui guidata. Su iniziativa dei familiari, del Comune di Concerviano e della piccola comunità dei compaesani, è stato Pratoianni, luogo natale del defunto vescovo emerito, ad accogliere la celebrazione eucaristica nel primo anniversario della dipartita del carissimo monsignor Chiarinelli.

Nel prato del piccolo cimitero, laddove riposano i genitori del defunto presule, papà Olindo e mamma Olga Maria Franchi, e la sorella Alba (quest’ultima scomparsa l’anno scorso poche settimane dopo di lui), monsignor Pompili ha presieduto l’Eucaristia. Accanto a lui, il parroco del luogo, don Victor Antony Ray, don Domenico Buffone del clero di Sora-Aquino-Pontecorvo, la prima diocesi di cui Chiarinelli è stato pastore, mentre da Rieti erano saliti don Jean Baptiste Sano (che un anno fa reggeva da amministratore apostolico la parrocchia Regina Pacis, nel cui quartiere don Lorenzo risiedeva e si è spento) e il compaesano don Giacomo Napoleoni (lui, don Lorenzo e don Lucio Tosoni erano “i tre ragazzi” pratoiannesi entrati in seminario); e poi c’era il diacono Antonio Fagotto, che nella diocesi di Viterbo era molto vicino a Chiarinelli facendogli anche da segretario e autista; e poi don Luciano Candotti, autore del libro che sintetizza la vita e il ministero di Chiarinelli, presentato in anteprima in questa occasione, oltre allo scoprimento della lapide che l’amministrazione comunale ha voluto collocare in un angolo del camposanto.

Nell’omelia, monsignor Pompili si è rifatto al brano evangelico del giorno, quello che narra il camminare di Gesù sulle acque mettendo alla prova la fede dei discepoli, e prima ancora il suo ritirarsi a pregare sull’altra sponda del lago, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, «quasi a volersi sottrarre alla presa della folla che vorrebbe farlo re». Un comportamento, quello del Maestro, che don Lorenzo ha seguito in pieno: preoccuparsi dei problemi della gente, ma dare il giusto risalto alla preghiera. «Monsignor Lorenzo è stato un contempl-attivo, un uomo che si è sempre distinto per la profondità del pensiero è la capacità di solitudine nella preghiera, al punto che lui stesso amava definirsi “un monaco anonimo”; ma allo stesso tempo è stato un uomo profondamente inserito nella storia e in mezzo alle contraddizioni del nostro tempo». Una vita, la sua, di ispirazione monastica, che si dipanava tra un’attività intensa e una dimensione spirituale non meno intensa, indubbiamente influenzata dall’ora et labora benedettino che, ha sottolineato Pompili, gli veniva dal profondo legame che nutriva verso l’abbazia di San Salvator Maggiore, alla cui ombra è cresciuto nel paese natale. «Monsignor Lorenzo perciò è stato un uomo di azione perché ancor prima è stato un uomo di orazione. E questa sua capacità di non farsi travolgere dal tempo è legata proprio alla sua capacità di starsene a parte a pensare e a pregare»

Così, infatti, si può resistere al “vento” della storia senza farsene trascinare in modo distruttivo. Come nel brano evangelico: «quel giorno sul lago il vento era talmente contrario che i discepoli ebbero paura, a un certo punto, di essere sopraffatti dalle onde: ed è questa una caratteristica ricorrente della Chiesa, sempre identificata nel corso della storia come una navicella che rischia di essere costantemente messa sotto dai flutti dalle onde del mare». Il momento in cui, come i discepoli quel giorno sul lago di Tiberiade, si sente più forte «la nostalgia di Dio», il bisogno di affidarsi a Cristo. Don Lorenzo, ha detto ancora il vescovo, «era un uomo dei nostri tempi, una persona preparata culturalmente, un uomo che ragionava, uno che aveva per così dire percorso tutti i livelli del sapere umano e perciò non era certamente un uomo semplice, e tuttavia ha sempre mantenuto uno spirito profondamente affidato a Dio, proprio in virtù di questa consapevolezza che quanto più siamo con l’acqua alla gola, tanto più si avverte l’esigenza di Dio».

Questo spirito profondamente “inquieto” del defunto confratello monsignor Domenico lo ha ricordato anche in riferimento alla passione di Chiarinelli per la dimensione della notte, lui che amava collezionare statuette di gufi e uccelli notturni (e nella Messa, al momento della comunione, è stato bello sentir risuonare, col sottofondo musicale di organo e violino, le parole di quella preghiera scritta da don Lorenzo proprio sul significato spirituale della notte). Le sue notti erano spesso trascorse in preghiera: Pompili ha ricordato quanto, specialmente nell’ultimo periodo della sua vita, in casa di don Lorenzo emergeva l’angolo della cappella, un angolo davvero “vissuto”: «una sorta di tacito affidamento al Signore: e in un certo senso, come Pietro che, rischiando di affondare nel lago, gridava al maestro che gli venisse incontro, monsignor Lorenzo ha detto con semplicità “Eccomi”. E lo ha detto fino all’ultimo giorno.

Per questo, ha concluso il vescovo, «vogliamo raccogliere questo suo testimone e vogliamo far sì che lo spirito di preghiera che gli ha così bene incarnato possa essere trasmesso anche a noi che sentiamo fortemente, a un anno di distanza, la sua mancanza».