«Un grande abbraccio con i popoli nella carità e solidarietà»

Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, rilegge il recente viaggio in Ecuador, Bolivia e Paraguay: “Per Jorge Mario Bergoglio deve essere stata una grande emozione e gratitudine il fatto di tornare in America Latina… e come successore di Pietro!”. Sull’incontro con i movimenti popolari: “Il Papa ha tentato di fare una rilettura coraggiosa del pensiero sociale della Chiesa”. L’attesa per il prossimo viaggio a Cuba.

C’è un filo importante che lega il recente viaggio di Papa Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay e il prossimo, attesissimo, a Cuba, nel mese di settembre. Anche gli altri Paesi latinoamericani – in primis Argentina, Uruguay e Cile di cui si parla nel 2016 -, non aspettano altro che fargli sentire ancora una volta l’abbraccio del popolo. Ne abbiamo parlato con il professorGuzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, uruguayano, che ha viaggiato sull’aereo papale e oggi traccia al Sir un bilancio esclusivo dell’evento.

Papa Francesco è tornato nella sua America Latina: cosa ha significato?

“Per Jorge Mario Bergoglio deve essere stata una grande emozione e gratitudine il fatto di tornare in America Latina… e come successore di Pietro! La sua popolarità è enorme, come pure l’affetto, la devozione e la credibilità che suscita. È stato un grande abbraccio con i popoli nella carità e solidarietà. Il Papa è consapevole del grande patrimonio cattolico radicato nella storia e nella cultura dei popoli latinoamericani, chiamato oggi a fare un salto di qualità perché la fede diventi ancora più vita delle persone e delle Nazioni. Scopo fondamentale del viaggio è stata la valorizzazione del patrimonio della religione cattolica che si esprime attraverso la religiosità popolare e dei sentimenti di dignità e di speranza, perché diventi sempre più presente. Il viaggio ha dimostrato inoltre che è un tempo molto favorevole per l’evangelizzazione in America Latina. Rimangono la responsabilità e l’esigenza, per tutta la Chiesa latinoamericana, di non sprecare questo tempo di grazia”.

Qual è oggi la situazione della Chiesa in America Latina? Si parla di un “effetto Papa Francesco” sul rinvigorimento della fede…
“È in una situazione singolare: più che volersi presentare come modello, è soggetta alla grave responsabilità di lasciarsi interpellare dal ministero di Papa Francesco per rispondere a questo senso di attesa e apertura dei cuori. Oggi sono caduti tanti pregiudizi e resistenze: tanta gente si riavvicina alla Chiesa; ci sono tante conversioni; aumentano i pellegrinaggi nei santuari; c’è più gente nelle chiese e lunghe file nei confessionali. È un tempo favorevole all’evangelizzazione, che interpella molto i pastori dell’America Latina. Non mi piace parlare di una Chiesa modello, né mi piacciono le idealizzazioni. È vero che è una Chiesa di popolo perché è molto incarnata tra la gente e ha, in questo senso, una consistenza storica e teologica come popolo. Per noi la parola ‘popolo’ ha una risonanza forte: è una memoria comune, una cultura dell’incontro, un destino, è solidarietà. Papa Francesco è un pastore che vede e si commuove e questo lo porta ad abbracciare in modo speciale i poveri. Sono stati molto commoventi gli incontri con i poveri e i sofferenti, come quello con gli sfollati del quartiere Bagnado sulle rive del fiume Paraguay. Il Papa ricorda sempre il Vangelo: dal nostro rapporto con i poveri saremmo giudicati. Lui non segue un pauperismo ideologico, anzi è stato duro con le ideologie delle élite illuminate che vogliono tutto per il popolo ma non con il popolo, strumentalizzando i poveri per i propri interessi”.

Quanto conta la religiosità popolare, in questo senso?
“Si sa che il Papa apprezza moltissimo la religiosità popolare. Tutto il viaggio è stato segnato da queste forme di espressività, che per noi non sono folklore religioso ma modalità di inculturazione della fede. I santuari, ad esempio, sono le capitali spirituali del nostro popolo. Già da arcivescovo di Buenos Aires il card. Bergoglio parlava di ‘santuarizzare’ le parrocchie. In questo senso possiamo dire che il Papa ha seguito le direttive fondamentali dell’Evangelii Gaudium, legata al documento di Aparecida dei vescovi latinoamericani. Una Chiesa che va al centro del Vangelo, piena di misericordia, di compassione, missionaria e solidale, con amore di predilezione per i più poveri”.

Qual è stato invece il carattere politico della visita nei tre Paesi?

“Il Papa ha avuto incontri anche con i presidenti, con il corpo diplomatico, con i leader sociali e politici, ma tutto questo non fa diventare la visita un viaggio politico. È evidente che la tradizione cattolica dei nostri popoli deve avere una forza tale da abbracciare tutte le dimensioni dell’esistenza delle nazioni. Il Papa ha scelto l’Ecuador, la Bolivia e il Paraguay perché tradizionalmente molto poveri, con forti disuguaglianze sociali e instabilità politica. Sono oggi ‘periferie emergenti’, perché stanno vivendo un processo di crescita economica, sviluppo e modernizzazione che hanno tolto dall’immobilismo settori contadini e indigeni, facendoli più partecipi della cittadinanza nazionale, mentre crescono i ceti medi popolari. Il Papa è andato a valorizzare il cammino percorso ma anche a sollevare grandi problemi che ancora devono affrontare: la persistenza di grandi fasce di povertà; la mancanza di uno sviluppo con maggiore equità, un dialogo politico aperto con la partecipazione di tutti i cittadini al bene comune; il narcotraffico, una malattia corruttrice e violenta che è in rapporto con la grande domanda di droga che viene dagli Usa. Papa Francesco non ama il muro contro muro. Ha ricordato che non bisogna costruire muri ma ponti e suscitare la cultura dell’incontro per il bene comune. Attraverso questo dialogo politico chiama la democrazia a un processo di maturità, che vada oltre eccessivi personalismi e susciti contributi plurali”.

Papa Francesco ha avuto parole forti contro “l’economia che uccide” nel discorso ai movimenti popolari, a Santa Cruz in Bolivia. Come rileggerlo?
“È stato il discorso più duro, con una dimensione politica. Non è facile incontrare i movimenti popolari, tra loro c’è una grande diversità: ci sono quelli che si auto-organizzano in spazi alternativi per rispondere ai loro bisogni, come la costruzione di case, l’organizzazione dei quartieri marginali, i riciclatori di materiali. Ma molti sono politicizzati e ancora ideologici, tesi ad una lotta per il potere. In quell’incontro il Papa ha tentato di fare una rilettura coraggiosa del pensiero sociale della Chiesa, alla luce dell’esperienza delle organizzazioni popolari. Ha citato le tante situazioni di violenza dei contadini senza terra, delle famiglie senza tetto, dei giovani senza lavoro, dei bambini di strada, delle donne violentate, con lo sguardo commosso di un pastore, ma che sa riconoscere come tutto ciò sia legato a un sistema economico che uccide, provoca esclusione sociale e distrugge l’ambiente. Il Papa addita l’economia senza volto che idolatra il denaro, che cerca guadagni sproporzionati a ogni costo e si esprime attraverso corporazioni finanziarie e transnazionali. Certo il Papa non pretende di fare un’analisi sociale approfondita di tutta la realtà in cui è articolata la società latinoamericana ma affronta la sua umanità dolente e ascolta il clamore dei poveri condividendo la loro passione alla luce del Vangelo”.

E a settembre ci sarà il viaggio a Cuba, che sarà seguito con grande attenzione…
“Ciò che aveva detto Giovanni Paolo II – ‘Il mondo si apra a Cuba e Cuba si apra al mondo’ – adesso si sta realizzando in modo sorprendente. Oggi siamo grati allo slancio profetico di San Giovanni Paolo II. Questo offre possibilità molto belle al viaggio di Papa Francesco nel proseguire il cammino che portò a Cuba i due Papi precedenti, ma in una situazione storica specialmente favorevole e interpellante. In America Latina si guarda a questo viaggio con particolare attenzione perché il ristabilimento di relazioni tra Cuba e Stati Uniti implica la possibilità di ripensare a fondo e rilanciare in nuove condizioni un rapporto di solidarietà rispettoso e positivo tra gli Stati Uniti e l’insieme dei Paesi latinoamericani. Ma prima di qualsiasi rapporto politico o diplomatico, che Papa Francesco ripensa sempre in un’ottica pastorale, il viaggio avverrà per farsi prossimo del popolo cubano, valorizzare tutto ciò che la Chiesa cubana ha fatto e vissuto durante tanti decenni difficili, per confermare la fede e incoraggiare la Chiesa a farsi sempre più presente nella sua missione di evangelizzazione e solidarietà”.