Un “galateo” per i preti e le loro comunità

Un’impresa difficile: descrivere lo stile di vita, le buone maniere che un sacerdote dovrebbe assumere oggi, per poter assolvere ai suoi doveri, continuando a rappresentare, come lo è stato in passato, un punto di riferimento per tutti, per i credenti e praticanti, ma anche per quelli che non credono.

Gli studiosi della sociologia della religione concordano sul fatto che fino a pochi decenni fa lo “status” del prete, inteso come posto nella società, era considerato molto importante, rispettabile, addirittura “essenziale” per molti aspetti, primo fra tutti l’assicurare quella “cura delle anime” che era e resta il compito centrale di questo ministero di servizio ecclesiale. Oggi, forse, la figura del prete possiede meno fascino presso le giovani generazioni, anche se ha mantenuto una sua visibilità, anzi onorabilità di fondo, esclusi quei casi – pochi ma efferati – di preti scandalosi, artefici di episodi di pedofilia o similari, che hanno gettato nell’angoscia non soltanto i vertici della gerarchia, ma gli stessi semplici fedeli. Trovarsi di fronte a casi del genere ha creato sconcerto e anche sconforto: se non ci si può più fidare nemmeno del prete, dove andremo a finire?, si sono chiesti molti buoni cristiani. E proprio per evitare che la natura profonda di questa vocazione, di questo sacramento di servizio che accanto a quello del matrimonio, regge l’impalcatura sociale della Chiesa, vada in crisi; per evitare ancora che l’immagine del prete cada nei trabocchetti della “modernità”, proprio un giovane prete, don Michele Garini, della diocesi di Mantova, si è cimentato in un libro difficile: descrivere lo stile di vita, le buone maniere che un prete dovrebbe assumere oggi, per poter assolvere ai suoi doveri, continuando a rappresentare, come lo è stato in passato, un punto di riferimento per tutti, per credenti e praticanti, ma anche per quelli che non credono e non vanno in chiesa.

Preti troppo indaffarati?

Ecco quindi il senso e lo scopo del volume “Galateo per i preti e le loro comunità” (Edizioni Messaggero), uscito in questi giorni e che non mancherà di far discutere. Don Garini non punta a riproporre un’immagine “angelicata” del prete, che forse nel secolo scorso, almeno nei primi decenni, si tendeva in qualche modo a diffondere. Oggi, nella generalizzata omologazione che la cultura di massa tende a effettuare, anche il prete deve fare le sue fatiche per affermare la propria identità di servitore dei misteri della fede. E spesso, non ce la fa a reggere allo stress derivante dai molteplici doveri che deve assolvere: dire Messa, confessare, studiare, aggiornarsi, celebrare sacramenti e liturgie (matrimoni, battesimi, funerali ecc.), animare gli oratori e circoli giovanili, promuovere incontri culturali e spirituali. Insomma, il prete oggi è una sorta di manager a tempo ultra-pieno che rischia di essere travolto da una mole d’incombenze, al punto che sembra sia una delle categorie più a rischio del cosiddetto “burn-out”, cioè di “saltare” interiormente e perdere la propria serenità e capacità di offerta della propria vita in maniera pacata e costruttiva. Il libro sul “galateo dei preti” si occupa così di quegli aspetti della vita di tutti i giorni che potrebbero apparire minori, addirittura irrilevanti, ma che invece possono contribuire a ingarbugliare la vita del parroco e dei suoi coadiutori sacerdoti. Don Garini tratta di come usare il denaro (il proprio e quello della parrocchia), di trasparenza nei bilanci della comunità, di retribuzione, di come gestire la propria casa (cucina, salotto, studio) e gli spazi parrocchiali aperti ai fedeli, di come concepire il proprio rapporto col cibo, con la tavola.

Il sano “buon senso” vale anche per il prete.

Ancora, il volume parla di abiti del prete (a volte consunti, non ben stirati, un po’ demodé); parla poi delle cosiddette “nuove tecnologie”, gli smartphone, i tablet, che a volte conquistano anche il clero, specie quello più giovane e “connesso”. Ancora il volume si occupa di ginnastica del prete, di viaggi, acquisti al supermercato, al bar, del rapporto con le donne, coi bambini, col vescovo… Sono tutti temi delicati e tutt’altro che “leggeri”, perché così come è in crisi il matrimonio, anche la vocazione del presbitero negli ultimi decenni ha vissuto momenti difficili, con tanti sacerdoti che hanno lasciato il sacerdozio. In tanti si sono sposati. Insomma, don Garini, senza falsi pudori entra nel vivo di questi aspetti della vita di tutti i giorni e suggerisce con uno stile molto piano, scorrevole, ma soprattutto con pensieri saggi e basati sul vecchio “buon senso”, come un prete deve affrontare tutte queste vicende della vita quotidiana. Ma non solo il prete, anche come i fedeli devono imparare a stare coi loro preti, e anche ad aiutarli con coraggio e creatività, quando magari vedono che sono in difficoltà su qualche aspetto della loro esistenza. Una lettura quindi invitante, che farà bene ai preti ma farà bene anche ai laici che ci tengono ai propri sacerdoti, sapendo che il “popolo di Dio” è fatto degli uni e degli altri, e che gli uni non possono vivere una fede profonda senza l’aiuto e lo stimolo degli altri.