Un esercito invisibile: 2 milioni e mezzo i clienti di prostitute

A Torino, per iniziativa del “Gruppo Abele” oggi e domani si discute del “cliente, questo conosciuto…”. Operatori sociali, forze dell’ordine, psicologi, sociologi, cercano di capire le ragioni profonde per mettere in campo azioni di contrasto. Fenomeno ridimensionato numericamente, ma sempre preoccupante. In aumento dal 5 al 12% la ricerca di rapporti con minorenni e soprattutto il turismo sessuale.

Sono uomini di tutte le professioni, ma in prima fila ci sono militari, marinai, pescatori, camionisti, lavoratori immigrati, uomini d’affari. Italiani, eterosessuali, con buona istruzione, adulti. In questi ultimi anni aumentano gli anziani, grazie al Viagra. La metà sono sposati. Uomini normali. Le motivazioni sono le più disparate e la lista dei “perché” è lunghissima. Ben 24 punti: si va con le prostitute per esprimere al massimo la propria potenza di fronte ad un “oggetto sessuale degradato”, per bisogno fisiologico, per cercare conferme alla propria virilità, perché si ha paura del giudizio della donna, per trasgressione, per solitudine psicologica, per trovare modelli “vecchi” e “certi” di donne, per una sorta di rivalsa perché detestano le donne, per sperimentare nuove esperienze, perché altrimenti nessuna donna andrebbe con loro, perché con le prostituite non bisogna impegnarsi. Un esercito invisibile – la maggior parte si vergogna – che conta in Italia almeno 2 milioni e mezzo di clienti, che cercano sesso a pagamento in strada, in luoghi chiusi o su internet. Il dato drammatico è che aumenta dal 5 al 12% la ricerca di rapporti con minorenni e soprattutto il turismo sessuale, che le organizzazioni cominciano a chiamare “turismo cattivo”. Gli italiani hanno il vergognoso primato di essere i primi turisti sessuali in Kenya. Circa 80mila italiani sono tra i primi quattro-cinque posti nella classifica dei principali Paesi di destinazione. E se la strada rimane il luogo di approccio preferito, è aumentata dal 30 al 70% la prostituzione nei locali e nelle case, per effetto delle ordinanze antiprostituzione. Del “cliente, questo conosciuto…”, così il titolo del convegno promosso dal Gruppo Abele, se ne parla oggi e domani a Torino. Vi partecipano operatori sociali, forze dell’ordine, psicologi, sociologi, per cercare di capire le ragioni profonde del fenomeno e mettere in campo azioni per contrastarlo. Senza pruderie.

2,5 milioni e mezzo di clienti.

La stima di 2,5 milioni e mezzo di clienti è basata sul numero delle prostitute (circa 25-30 mila), moltiplicato per il numero di prestazioni giornaliere (circa 10) e i giorni della settimana lavorati. In genere sette su sette. Una cifra attendibile, visto che gli uomini fanno molta fatica ad ammetterlo e sono restii a parlare di sé. Ridimensiona di molto i dati in circolazione, ossia i 9 milioni di una ricerca del Parsec del 1996 e il 10% della popolazione italiana secondo l’Ismu. Vengono anche confermate percentuali molto alte di clienti che chiedono rapporti sessuali senza protezione. Molti di loro contraggono malattie infettive.

Chi sono veramente?

“Sono uomini che considerano il rapporto con la prostituta come ‘complementare’ a una relazione stabile – spiega Mirta Da Pra Pocchiesa, giornalista, responsabile del Progetto Prostituzione e tratta delle persone del Gruppo Abele – e uomini che nel rapporto con la prostituta vedono l’unico rapporto possibile per loro, in quanto ritengono di avere difficoltà relazionali e affettive con le donne ‘normali’”. Poi c’è una piccola categoria di appartenenti ai gruppi dei clienti “particolari”: con disabilità, con difficoltà sessuali, sadomasochisti, violenti, maniaci, o che preferiscono persone transessuali. Ci sono poi i clienti che si innamorano delle prostitute e le sposano, i cosiddetti clienti “salvatori”. E non mancano i clienti “vittime” che si fanno manipolare, i clienti “padroni”, i clienti “dell’estremo” alla ricerca della diversità a tutti i costi per non annoiarsi, i clienti “compulsivi” dipendenti dal sesso e perfino i clienti “punitivi”: generalmente in gruppo e sotto l’effetto di sostanze vogliono punire le prostitute per il giudizio moralistico che hanno su di loro.

Dove e come si approcciano?

La strada rimane sempre il luogo preferito, anche perché ci si può nascondere nel buio delle strade: “Qui finisce la responsabilità e inizia l’animalità”, osserva Da Pra Pocchiesa. “Il prima del consumo è infatti più importante dell’atto stesso. Il passaggio ripetuto con l’auto, rallentando, per osservare, scegliere, è un rituale che ricorda il ‘tempo della caccia’”. L’approccio di solito non è violento ma ci sono casi estremi: i gruppi di soli maschi, mai sobri, avvicinano le prostitute sotto l’effetto di alcool e droghe e spesso le derubano, picchiano e violentano. La prostituzione al chiuso si svolge invece in sale massaggio, saune, alberghi, night, sale da ballo. Le case e i locali per i massaggi tengono perfino conto delle esigenze dei clienti: ai piani bassi, in palazzi dove confondersi nei via vai di persone che vanno da dentisti o commercialisti.

Sessualità e potere.

“Oggi c’è una connessione sempre più forte tra sessualità e potere – commenta Da Pra Pocchiesa -, e negli ultimi anni, anche tra sessualità, denaro e politica. È condizionata da internet, dalla pornografia e dalla mobilità, ma è anche una questione di genere e di rapporti tra i generi”. Secondo le ricerche “c’è una costruzione sociale negativa nei confronti delle prostitute e una positiva nei confronti del cliente, anche perché chi legifera è quasi sempre maschio. La legge, in Italia, tutela e protegge il cliente (anche ignorandolo) da sempre. Negando la reciprocità si nega la comune responsabilità”.