Uccisi per il calcio. “Virus d’Occidente”

La notizia che 13 ragazzi a Mosul, in Iraq, sarebbero stati uccisi il 12 gennaio, perché avevano guardato una partita di calcio (la nazionale irachena contro la Giordania, per la Coppa dell’Asia), ha dell’incredibile. Sembra che i 13 ragazzi siano stati fatti mettere in cerchio e uccisi a colpi di fucile, davanti alla gente terrorizzata. Sembra ancora che i genitori abbiano esitato a lungo prima di raccogliere le salme, per paura a loro volta di essere giustiziati per non aver insegnato ai figli a rispettare la Sharia. Questa la scarna cronaca diffusa dalle agenzie internazionali.
Siamo di fronte a un orrore così grande da rimanere senza parole. Non bastavano le 100 e più ragazze rapite qualche mese fa da Boko Haram, nella scuola di Chibok in Nigeria, delle quali si sono perse le tracce, salvo di poche che sono riuscite a scappare: dai loro racconti emergono violenze sessuali inaudite, riduzione in schiavitù, vendita all’asta di molte di loro. Non bastavano i 141 morti, per lo più bambini, dell’attacco dei talebani alla scuola di Peshawar frequentata dai figli dei militari pakistani, uccisi coi loro insegnanti senza nessuna pietà. Non sono bastati la ventina di morti provocati a Parigi la scorsa settimana dalla cellula terrorista islamica che ha colpito la redazione di “Charlie Ebdo” e il negozio ebraico. Per non parlare della bambine kamikaze di Boko Haram.
Ora ecco anche l’uccisione brutale e con una ferocia al limite della follia di bambini, colpevoli di guardare una partita di calcio. La loro colpa sarebbe, nel profondo del pensiero dei carnefici, di “occidentalizzarsi”, permettendo che assumano i virus di un mondo che deve essere esorcizzato, attaccato e sconfitto. Dai fatti di “Charlie Ebdo” in poi, del resto, le reazioni nel mondo islamico radicale sono state numerose e feroci. Nel Niger sono state bruciate oltre una decina di chiese, e diversi fedeli sono morti, alcuni bruciati vivi. I centri culturali francesi in alcuni paesi islamici sono stati assaliti e distrutti. In Senegal, Algeria, Turchia, Iran e altrove minacce sono state rivolte a giornali “laici” o che avevano osato parlare di “Charlie Ebdo”. I redattori di “Chanard Enchainé” a Parigi sono sotto choc perché minacciati di essere “fatti a pezzi con una mannaia”. Tante e solo cronache del terrore.
Viviamo nell’attesa di poter raccontare storie da un Islam riconciliato con se stesso.