Turismo: tra campi e fabbriche

Uno studio Ue indica opportunità economiche, ambientali e culturali.

Puntare sul turismo per aiutare i cittadini a riscoprire fasi significative della storia e della cultura europei, a conoscere territori carichi di testimonianze del passato, oppure ad apprezzare il patrimonio naturale e gli ambienti rurali con i loro innumerevoli elementi di attrazione. Sono alcuni degli spunti suggeriti dallo studio su “Patrimonio industriale e turismo rurale”, presentato il 22 gennaio alla commissione trasporti e turismo del Parlamento Ue.

Cosa cambia con Lisbona.

Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, sono quattro i nuovi settori di competenza in cui l’Unione europea può intervenire: la protezione civile, la cooperazione amministrativa, lo sport e il turismo. Si tratta di competenze “di sostegno”, o “non esclusive”, perché l’Ue può agire solo per supportare le azioni degli Stati membri, senza poter armonizzare le normative nazionali. Il turismo, pur essendo un settore contemplato in varie politiche europee, come quelle regionali o dell’occupazione, con il trattato ora ha una base giuridica specifica per consentire all’Unione di essere parte in causa in questa realtà economica. In particolare, “l’azione dell’Ue – si legge nel testo – può incoraggiare la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese nel settore del turismo e favorire una migliore cooperazione tra gli Stati membri”, soprattutto mediante lo scambio delle buone pratiche.

Il futuro del settore.

Il rapporto sul “Patrimonio industriale e turismo rurale” riprende e amplia una relazione adottata dal Parlamento europeo il 27 settembre 2011, dal titolo “L’Europa, prima destinazione turistica mondiale. Un nuovo quadro politico per il turismo europeo”. “Il turismo – come si legge nella relazione – rappresenta un’attività economica di rilievo, con un impatto assai positivo sulla crescita e l’occupazione in Europa”. Da qui l’interesse per il patrimonio industriale e rurale in quanto entrambi i settori “hanno registrato un rapido aumento a partire dal 1970, rispondendo a nuovi mercati”, nuovi interessi e stili di vita, come rileva lo studio promosso dalla commissione parlamentare.

Miniere e fabbriche.

Ma cosa si intende per “turismo industriale”? Sono più di 30 i siti di particolare rilievo indicati dall’Unesco nell’Europa comunitaria che vanno dalle industrie estrattive, come le miniere di carbone, a quelle manifatturiere con le loro macchine di produzione tessile, includendo i mezzi di trasporto come le ferrovie o quelli di comunicazione come la radio. I centri principali di estrazione mineraria della Vallonia o il ponte Vizcaya a Bilbao rientrano ad esempio nell’elenco. A questi vanno inoltre aggiunti fabbriche, ciminiere, siti produttivi, nonché i musei specializzati, il più caratteristico dei quali è quello a cielo aperto di Beamish nel Regno Unito: nei suoi 120 ettari di terreno ricrea la vita quotidiana del primo Novecento al culmine della rivoluzione industriale. In generale, questo settore è gestito da istituzioni pubbliche e da gruppi di volontari e, “pur contribuendo a migliorare l’immagine e la reputazione delle ex aree industriali, non porta – sottolinea il report – a un reddito diretto o indiretto né alla creazione di posti di lavoro”.

Paesaggi rurali.

Nel documento esposto a Bruxelles, appare poi l’idea di incoraggiare il turismo rurale. Questo settore, oltre a essere diffuso in tutta Europa (si pensi alle diverse forme di agriturismo), realizza cifre importanti in termini di fatturato e di occupazione, che si aggirano di solito “tra il 10 e 20% del reddito rurale”. Ma mentre il patrimonio industriale fornisce principalmente attrazioni turistiche (con significativi risvolti storico-didattici), il turismo rurale propone un’esperienza completa, caratterizzata da strutture ricettive e da una vasta gamma di attrazioni, creando “attaccamento” al luogo, alle bellezze paesaggistiche, e incoraggiando la “fedeltà” dei visitatori.

Come migliorare?

“Entrambe queste realtà – evidenzia però lo studio – soffrono di frammentazione, scarsa cooperazione e limitato coordinamento, eppure hanno un enorme potenziale per aumentare la prosperità locale e nazionale e per contribuire alla conservazione del patrimonio industriale e rurale europeo”. Come cambiare le sorti di questi settori? “Rafforzando la conoscenza del mercato”, aumentando la qualità dell’offerta, “migliorando la governance, mettendo in comunicazione le varie realtà e favorendo lo sviluppo di un turismo più sostenibile”, conclude lo studio di settore.