Le tre parole del vescovo per il nuovo anno: «sobrietà, giustizia, pietas»

Un Te Deum in periferia: questo il sapore della visita del vescovo Domenico a Pace di Pescorocchiano nella mattina dell’ultimo giorno del 2016. Un appuntamento che ha visto mons Pompili celebrare la messa insieme a tanti sacerdoti del Cicolano nella bella chiesa dedicata a San Silvestro.

Rivolgendosi alla comunità, don Domenico ha esortato ciascuno ad essere innanzitutto uomini e donne del presente. Perché «Dio non va cercato chissà dove, ma a partire dalla nostra vita quotidiana». Guardare al passato è utile per avere una maggiore comprensione delle cose, ma «oggi il mondo gira veloce, cambia tutto nel giro di pochi anni. Se non prendiamo atto di questo, stiamo a parlare di aria fritta».

A chi invece vuole badare al sodo, il vescovo ha suggerito di riscoprire la virtù della sobrietà, di guardare a ciò che è essenziale. Il punto di partenza è l’esperienza del terremoto, di fronte al quale si comprende che le cose di cui abbiamo davvero bisogno sono poche: la casa, i legami, il lavoro. È nell’incapacità di sapersi rivolgere a questo nucleo di fondamentale che «si trovano le ragioni di quelli perennemente insoddisfatti»: logorati dal desiderio di quello che non hanno «finiscono per essere persone irrisolte».

Essere sobri, però, non vuol dire accontentarsi, ma conquistare «il piacere di ciò che si è» e «saper gustare fino in fondo ciò che si ha». Sobrio è chi raggiunge la consapevolezza che «non sono le circostante esteriori e neanche le cose a determinare la nostra gioia interiore: possiamo avere tutto e non essere assolutamente soddisfatti, possiamo mancare di tutto ed essere invece intimamente pacificati». Come a dire che ad essere più sobri si diviene anche più umani.

E in un certo senso anche più giusti, perché oggi come ieri la società è ineguale: «Ci sono grandi divari tra chi ha troppo e chi ha troppo poco. E non ci si scandalizza più di questa divisione tra le persone». Occorre invece «rendersi conto che questa divisione non funziona e non ci porta da nessuna parte», perché «le guerre nascono sempre da una situazione di ingiustizia, che si cerca di superare in maniera sbagliata».

Diventare giusti significa innanzitutto «accorgersi dell’altro», essere “pietosi”. «La “pietas” – ha spiegato mons. Pompili – nella lingua latina sta a dire il senso della commozione che prende di fronte alla vita e al suo mistero». Il contrario esatto dell’indifferenza «un sentimento che in molti hanno anche verso Dio», pensando: «se c’è o non c’è è la stessa cosa».

In realtà Dio ci cambia la nostra percezione del mondo: «se c’è Dio la nostra vita acquista una profondità che sa leggere tutto, a cominciare dalla natura, con uno sguardo ispirato dal mistero, e perciò dal rispetto. Se manca Dio tutto diventa piatto, semplicemente materiale, e la natura stessa perde il suo incanto».

«La pietà è la capacità di sentire profondamente la natura, ma anche le persone. Ci accade solo quando ritorniamo a Dio. Un ritorno possibile se la nostra vita è punteggiata da momenti di silenzio e di preghiera: Dio ci parla se siamo pronti a recepirne la voce», ha concluso don Domenico augurando a tutti un 2017 maggiormente ispirato dal Vangelo.