Tradizioni: pellegrinaggio da Ornaro alla SS Trinità lungo i sentieri dei nostri bis-nonni

Ogni anno in occasione della ricorrenza della SS. Trinità il santuario di Vallepietra si affolla dei pellegrini che arrivano in massa da paesi vicini e lontani.

Spesso sono le parrocchie o le comunità locali che organizzano il trasporto in pullman per poi percorrere in processione gli ultimi metri verso il santuario con lo stendardo religioso e cantando le preghiere di devozione. Rimane tuttavia fortemente radicata l’usanza del pellegrinaggio a piedi, fatto che differenzia l’esperienza religiosa di Vallepietra da altri luoghi di culto. Colpisce la folla di persone che affronta i disagi di ore e ore di cammino, oltre a pernotti lungo il percorso, pur di non mancare quest’appuntamento atteso per tutto l’anno.

Anche la Confraternita di S. Antonino martire di Ornaro spesso ha organizzato il pullman di pellegrini verso la SS. Trinità di Vallepietra: si parte a notte fonda dal paese per essere al santuario alle prime luci dell’alba, partecipare ai riti mattutini e a seguire il pranzo nella piana sottostante il santuario tra canti con l’organetto e risa e poi tutti di nuovo al paese. Devozione e momento di aggregazione sociale si fondono nel giorno di festa.

Quest’anno, grazie alle suggestioni delle vecchie usanze del paese e all’esperienza di altri pellegrinaggi nel mondo, Ornaro ha voluto organizzare il pellegrinaggio a piedi dal paese (circa km 82). I racconti dei più anziani, che ricordano i loro genitori che si spostavano con i carretti e con i muli lungo le tante strade poderali della zona per partecipare alla festa, sono stati uno dei propellenti per questa esperienza. Ma senza risalire troppo indietro nel tempo, anche i meno anziani rievocano con nostalgia il tempo della loro gioventù in cui – lontana l’epoca della motorizzazione pervasiva – si spostavano a piedi da un paese all’altro per andare a giocare o a vedere la partita di pallone della squadra locale. Il pellegrinaggio a piedi alla SS. Trinità è divenuta così occasione per rievocare un mondo rurale in cui le macchine non esistevano, riappropriarsi di ritmi più lenti e cercare un momento di maggiore spazio per la ricerca interiore.

La Confraternita di S. Antonino Martire ha dunque proposto il pellegrinaggio nelle due versioni a piedi e in pullman per riunirsi al santuario nel giorno della Trinità e infine ritorno di entrambi i gruppi con il pullman. In questo modo è stata garantita a tutta la comunità la possibilità di partecipare uniti all’atto di devozione avendo fatto il percorso/pellegrinaggio nel modo più congeniale per ognuno.

Il percorso a piedi – tutto lungo strade poderali e sentieri – è stato diviso in quattro tappe di circa 20 km al giorno con pernotto in strutture di diversa tipologia e l’ultima in un attendamento nella piana sottostante il santuario (30 maggio partenza da Ornaro con pernotto a Paganico Sabino – 31 maggio pernotto a Riofreddo – 1 giugno pernotto in loc. Prataglia (Cervara di Roma) – 2 giugno attendamento a Campo della Pietra – 3 giugno festeggiamento della SS. Trinità).

Durante la prima tappa – la più lunga – la protezione civile del Comune di Torricella in Sabina è stata di valido supporto alle fatiche del gruppo.

Perché faticare per quattro giorni quando l’atto di devozione è possibile con fatiche minori? Nell’epoca della facilità degli spostamenti e dei richiami del turismo di ogni genere – e dunque anche quello religioso – sembra assurdo non economizzare energie e tempo. Per contro, la scelta del pellegrinaggio a piedi comporta il riappropriarsi della lentezza, della fatica, dell’essenzialità in un contesto di condivisione di gruppo (e ognuno di noi sa quanto possa essere difficile essere uniti in un gruppo); individualmente si presenteranno istanze e prospettive diverse ma dalle quali trovare reciproco arricchimento e unità d’intento per il raggiungimento della meta. La frase più bella durante il cammino che ho ascoltato e che penso ognuno di noi ha fatto propria alla fine del percorso è stata: “Grazie a voi ho imparato nuove cose.”

Etimologicamente, il termine pellegrino trae origine dal latino peregrinus, che, tratto dall’avverbio peregre (per= fuori + ager= agro, territorio, paese), assume il significato di “straniero”, “forestiero” (letteralmente “che proviene o viaggia al di fuori del paese”).

Chi parte in pellegrinaggio oggi non si trova ad essere, ma si fa straniero. Il pellegrinaggio diventa un periodo in cui l’individuo si estranea dalla continuità del tessuto ordinario della propria vita (luoghi, rapporti, produzione di reddito), per connettersi al sacro e guardare con occhi rinnovati se stessi e il proprio prossimo.