Territorio senza terra

Stiamo perdendo qualcosa. In molte zone d’Italia, compresa la nostra provincia, il maltempo sta causando ingenti danni. Alluvioni e frane accompagnano ormai quasi ogni precipitazione superiore alla media.

Sono anni che ciò accade, tanto che ci si chiede per quale tremenda colpa stiamo pagando un tributo troppo pesante, sia in termini economici che di vittime.

Possiamo facilmente escludere punizioni divine e catastrofi imminenti. Piuttosto rivolgiamo lo sguardo in basso, alla terra che cede o si allaga. Chiaramente l’abbiamo maltrattata, sfruttata e offesa.

Per prima cosa cementificando ogni centimetro disponibile, senza curarci del paesaggio e dell’equilibrio naturale rovinati per sempre. C’è poi l’abusivismo edilizio, a causa del quale si è costruito in terreni fortemente esposti al rischio idrogeologico.

Da non sottovalutare è lo stato d’abbandono in cui versano fiumi e montagne. Come stupirsi poi delle valanghe di fango e delle gigantesche frane che devastano interi paesi?

La furia degli elementi non c’entra. È vero che il riscaldamento globale incrementa la frequenza degli eventi a maggiore intensità, ma fenomeni del genere sono sempre avvenuti così come i disastri ad essi collegati. Basta imparare dal passato.

È vero che servono investimenti enormi, difficili in un periodo di crisi, ma ricostruire è molto più costoso che prevenire. Se l’acqua continuerà a dilavare le campagne ci ritroveremo con un paesaggio fatto di cemento su fragili rocce, un desolato e paradossale territorio senza terra.

di Caterina D’Ippoliti e Samuele Paolucci