Terremoto, 30 giorni dopo. Pompili: «Dalla comunità una attesa positiva»

A 30 giorni dal sisma che ha distrutto Accumoli e Amatrice, il vescovo di Rieti racconta le emozioni dei primi giorni e apre lo sguardo sulle prospettive della ricostruzione

«Un mese irripetibile». Così il vescovo Domenico, in diretta televisiva da Amatrice per uno speciale di Tv2000, ha definito i trenta giorni che ci separano dagli eventi che hanno stravolto il volto e la storia di Accumoli e Amatrice.

«Mi sono ritrovato in una situazione in cui ho toccato gli estremi della vita e della morte, del dolore ma anche della vicinanza. È stato un turbinio di sensazioni ed emozioni, ma anche di contatti e incontri. Un continuo salire e scendere. Penso soprattutto ai primi giorno, quando era in corso il recupero dei corpi. Nell’obitorio da campo che era stato creato c’è stata una sequenza impressionante di vite spezzate. C’era un profondo senso si smarrimento, ma nello stesso momento, accanto alle persone che erano in attesa di identificare i propri cari, c’era anche un controcampo di affetto, di solidarietà. È stato un continuo alternarsi di queste emozioni».

Un contrasto che mons. Pompili ha colto nella vita stessa dei sopravvissuti: «nei giorni immediatamente successivi al trauma c’era un senso di sollievo per essere vivi, ma insieme all’incertezza rispetto al domani. “Che cosa ne sarà di noi era la domanda più ricorrente”». E tra i due opposti, sembra che l’atteggiamento prevalente sia quello di una attesa non pregiudiziale, positiva, «che vuole capire se veramente le buone intenzioni troveranno immediatamente riscontro». Il pensiero va ai «sei, sette mesi» che ci separano dalle prime case prefabbricate, dai primi villaggi temporanei. «Sarà un tempo delicato» avverte il vescovo: «si abbandona la tendopoli, che non era più possibile consentire per il freddo e per tante altre ragioni, ma nello stesso tempo si è ancora distanti dall’obiettivo di restare sul territorio, di riattivare le iniziative economiche e di ricreare, soprattutto, un tessuto comunitario». Un punto, quest’ultimo, decisivo, perché in un contesto come quello di Amatrice e Accumoli, «la dimensione sociale sarà un po’ la premessa di tutto quello che sarà la ricostruzione».