Terra Santa: il sentiero interrotto

Terra Santa: l’attualità del ”sogno” di La Pira mentre…

“In questo processo di emergenza storica, caratteristico dell’epoca nostra, un posto a parte spetta alla misteriosa riemergenza di Israele e alla (misteriosa essa pure) riemergenza dei popoli e della nazioni dell’Islam. All’una e all’altra – ed a tutto il processo di emergenza storica – è pure legata la faticosa (ma tanto essenziale e determinante ) riemergenza storica dell’Europa, (debitamente purificata dalla sue impurità coloniali e dalle sue impurità culturali e sociali: un’Europa che abbia riguadagnato, cioè, la sua anima cristiana e la vocazione cristiana”.

Ritornano alla mente le parole di Giorgio La Pira mentre la cronaca dalla Terra Santa aggiorna quotidianamente il suo triste elenco di morte e di distruzione, mentre la rassegnazione rischia di avere il sopravvento sulla speranza, mentre la storia si vede contestato il titolo di maestra di vita.

Parole lontane nel tempo, parole fuori dalla realtà quelle di La Pira, ideatore tra l’altro dei “Colloqui del Mediterraneo”? Cosa è rimasto del sogno di un uomo che in tutta la sua esperienza politica e istituzionale, in Italia e nel mondo, ha camminato sul sentiero di Isaia, sul sentiero della pace, coinvolgendo nell’avventura leader politici di diverse religioni, nazionalità, matrici culturali?

La risposta può venire solo se quelle di La Pira vengono comprese come parole che, non scritte nei comuni vocabolari, attraversano il tempo senza consumarsi, senza arrendersi, senza dissolversi, senza ignorarli ma senza confondersi con discorsi e commenti che ogni giorno si rincorrono attorno al riaccendersi di un fuoco devastante.

Sono le parole di una fede in costante dialogo con la cultura e la storia.

C’è un’ immagine che La Pira proponeva negli anni ‘70 per riassumere l’unica risposta che l’essere cristiano gli indicava in un contesto storico di grandi tensioni internazionali: “il fiume della storia perverrà alla inevitabile foce di Isaia”. E questa foce era il “negoziato globale” con il quale avrebbero dovuto realizzarsi l’unità, la giustizia e la pace nella triplice famiglia abramitica.

Non sono mancati risultati concreti mentre, a distanza di tanto tempo, ancora non si è giunti a questa foce In Terra Santa ma ciò non significa che il sogno di La Pira sia definitivamente spento, che il sentiero di Isaia sia del tutto cancellato.

Il sogno e il sentiero sono iscritti in un pensiero e in un impegno che non si arrendono di fronte alle difficoltà e neppure si fermano di fronte alle spiegazioni razionalistiche, alle letture e alla previsioni fataliste.

L’insegnamento di La Pira per l’oggi è di osare la pace, osarla soprattutto quando è violentata, irraggiungibile, imprigionata e sfregiata da logiche che vengono giustificate con un realismo da contabili mentre sono espressione dell’incapacità di comprendere che la direzione della storia è verso la pace e che non sarà l’odio ma l’amore ad avere l’ultima parola nel mondo.

“Non c’è che da riprendere – è il messaggio di Pira – la strada della convergenza, dell’incontro che Isaia indicò con tanta profetica precisione: In quel tempo vi sarà una strada dall’Egitto alla Siria e il siro si recherà in Egitto e l’egiziano andrà in Siria ed Egitto e Siria serviranno il Signore: e in quel tempo Israele terza con l’Egitto e la Siria, sarà benedetta in mezzo alla terra. Li benedirà il Signore dicendo benedetto l’Egitto, mio popolo, la Siria opera delle mie mani ed Israele, mia eredità. La strada che il Corano indica dicendo ‘O gente del Libro! Venite a un accordo tra noi e voi e di non associare a Lui cosa alcuna, di non sceglierci tra noi padrone che non sia Dio’”.

E qui torna, con il suo valore, la sua fatica e la sua prospettiva il tema del dialogo tra le tre religioni abramitiche che abitano la Terra Santa. Torna una domanda pressante al cristianesimo. Papa Francesco ha indicato nella preghiera la risposta più efficace anche se più fragile agli occhi dei “realisti”. Ma anche il Papa ha chiesto ai governanti dell’Europa e del resto del mondo, molti dei quali sono o si dicono cristiani, di porre mano al negoziato globale per la Terra Santa, la terra di Ismaele, la terra di Israele, la terra di Cristo.

Quando il sentiero è interrotto il dovere di chi guarda al futuro è di ripararlo. Non di tornare indietro.