La tenuta del governo Gentiloni

L’esecutivo – archiviata, sembra definitivamente, la pratica del voto anticipato in autunno – ha incassato in un fazzoletto di giorni ben due voti di fiducia. E non su questioni marginali, visto che si tratta della riforma del processo penale e di una “manovrina” economica che si fa davvero fatica a chiamare con il diminutivo. Certo, il percorso che attende il governo nei prossimi mesi, soprattutto dopo l’estate, è un campo minato…

Detto con il sorriso – se è lecito sorridere parlando di politica – ad analizzare le vicende del governo Gentiloni viene da pensare a quella credenza popolare secondo cui sognare la morte di una persona vuol dire allungarle la vita. Al di là delle battute e di improbabili cabale, il fatto è che l’esecutivo – archiviata, sembra definitivamente, la pratica del voto anticipato in autunno – ha incassato in un fazzoletto di giorni ben due voti di fiducia. E non su questioni marginali, visto che si tratta della riforma del processo penale e di una “manovrina” economica che si fa davvero fatica a chiamare con il diminutivo.
Certo, il percorso che attende il governo nei prossimi mesi, soprattutto dopo l’estate, è un campo minato. Ad analizzare le dinamiche parlamentari, tuttavia, emerge abbastanza chiaramente come Gentiloni possa contare anche sul sostegno, diretto o indiretto (i regolamenti consentono diverse soluzioni, come il non partecipare al voto) di tutti coloro che sono favorevoli al compimento naturale della legislatura, anche se fuori dalla maggioranza o in disaccordo su un singolo provvedimento. Il problema, com’è noto, si pone soprattutto al Senato, dove i numeri della maggioranza sono in bilico, in particolare dopo la scissione dal Pd e in seguito ai numerosi rimescolamenti dei gruppi parlamentari.
Altro discorso è provare a immaginare che cosa accadrà in autunno, quando si tratterà di approvare la legge di bilancio e la prospettiva elettorale – per quanto a scadenza ordinaria – sarà ormai ravvicinata. Dall’Europa giungono segnali distensivi ed è probabile che la manovra economica generale potrà essere meno severa di quanto si temesse. Ma ciò non toglie che quando il voto è all’orizzonte, la preoccupazione principale delle forze politiche diventa quella di distinguersi e mettersi in evidenza per conquistare consensi. Il che sarebbe anche fisiologico in una democrazia, se per questo obiettivo non si arrivasse a sacrificare il senso di responsabilità e il bene comune del Paese.
Un assaggio – più di un assaggio, anzi – lo si è avuto con l’indegna gazzarra scatenata al debutto in Senato della legge sulla cittadinanza, meglio nota come legge sullo “ius soli”. Un provvedimento di civiltà, serio, equilibrato, ponderato (alla Camera è stato approvato due anni fa), che per di più ha la sua prima origine in una legge d’iniziativa popolare, e di cui invece si cerca di accreditare davanti all’opinione pubblica una versione caricaturale, per far leva sulle paure e sui pregiudizi. Magari pensando anche ai ballottaggi delle comunali, visto che ormai ci siamo.