Suor Beatrice, tra scuola e Bambino Gesù

Le chiamano suore di Santa Caterina, ma sono le Oblate del Bambin Gesù: parliamo delle religiose che portano avanti le attività dell’omonimo istituto in via Garibaldi

«Ormai mi sento reatina»: dopo ben 44 anni a Rieti, suor Beatrice Martelli ha perso quasi del tutto l’accento pugliese, sua regione d’origine. «Quando sono arrivata qui ero un pò spiazzata, non mi trovavo bene con il carattere un po’ apatico dei reatini, poi le cose sono andate via via migliorando».

50 anni di vita consacrata

Suor Beatrice ha appena festeggiato il cinquantesimo anniversario di vita consacrata, e nella felicità di questo traguardo riavvolge i fili di tanti anni offerti in dono al Signore: «ho vissuto questi cinquant’anni nella serenità e nella disponibilità senza rimpianti o nostalgie»

Quando mi è capitata qualche titubanza la svolta me l’ha data Padre Pio, da foggiana è stato il mio punto di riferimento spirituale
Per suor Beatrice, nata Emanuela «allora si usava cambiar nome come simbolo di una nuova vita con Dio», la vocazione vera è arrivata nel ben mezzo del percorso universitario: «era un periodo particolare, ho interrotto l’università e ho fatto il mio anno di noviziato. Poi ho preso i voti e solo successivamente ho preso la laurea in lettere classiche».

La vocazione nata nell’Azione Cattolica

Una vocazione scoperta in modo graduale: «sono cresciuta nell’ambito dell’Azione Cattolica poi attraverso l’incoraggiamento dell’allora vescovo di Foggia mosignor Paolo Carta e lo sprint finale avuto da Padre Pio sono andata tranquilla».

Dopo due anni trascorsi a Fermo in provincia di Ascoli Piceno, l’arrivo a Rieti in un giorno che suor Beatrice ricorda nel dettaglio: «era il 4 ottobre il 1974, me lo ricordo bene sia perchè è il giorno di San Francesco sia perchè ai tempi le scuole iniziavano ad ottobre».

Una vita per la scuola

Una vita intera trascorsa nella scuola, «ho insegnato a tre generazioni, mi fermano sempre per strada per salutarmi, e mi fa molto piacere», nello storico Istituto del Bambino Gesù che tutti a Rieti identificano come la scuola Santa Caterina a causa di un piccolo equivoco «ci chiamano così perchè la titolare della nostra chiesa è Santa Caterina d’Alessandria, e questo monastero prima del nostro arrivo era abitato da benedettini. In realtà noi siamo le suore Oblate del Bambino Gesù, nate nel 1672 a Roma. A Rieti siamo arrivate nel 1697 e siamo state in diverse zone della città: come tutti sanno, un vicolo di via della Verdura porta il nome di via del Bambin Gesù, prima eravamo lì poi ci siamo spostate a via Garibaldi». Un’attività fervente e costante quella dello storico istituto paritario reatino che offre agli studenti tante iniziative, molte delle quali da effettuare insieme ai gentitori.

La maratona di primavera

Tra le più note, c’è sicuramente la Maratona di Primavera, che quest’anno taglia il traguardo dell’edizione numero trentuno: «in realtà per noi sarebbe l’edizione trentacinque, perchè è stata un’idea nata a Roma da un responsabile di una scuola cattolica locale e per quattro anni abbiamo partecipato partendo da Rieti, poi abbiamo deciso di spostarla qui».

La scuola cattolica è per tutti

Una manifestazione gioiosa, e aperta a tutte le famiglie, «poiché la scuola vive nel contesto delle scuole statali, non sono certo realtà in conflitto, ma che si completano. Ovviamente la scuola cattolica sviluppa degli ideali e dei valori che intende conservare e promuovere, tuttavia i nostri studenti non sono tutti cattolici, abbiamo anche dei bambini musulmani».
Nessuna frizione o diverbio per le diverse culture e religioni, mai nessun problema in tutti questi anni: «semplicemente sanno che se vengono da noi devono rispettare il nostro sentire, e lo hanno sempre fatto tutti. Un anno abbiamo messo le foto dei bambini nel presepe, e i genitori e i parenti musulmani sono venuti con gioia a visitarlo».

Una festa per la famiglia

Sulla brochure pensata per la Maratona di Primavera di quest’anno, campeggia un fumetto che raffigura una famiglia che tenta di dialogare con un padre occupato sul proprio smartphone: «per dialogare bisogna ascoltare, e oggi con questa mania dei cellulari lo si fa poco. Vorremmo che diventasse una festa della famiglia, come ci ha suggerito il vescovo Domenico, che non è mai mancato, ma si è sempre accodato al nostro allegro corteo».