Sulle elezioni in Grecia gli occhi degli europei

Il 25 gennaio si rinnova il Parlamento di Atene. Un voto nazionale con evidenti ripercussioni continentali. E altri Paesi si preparano alle urne…

Secondo alcuni la sfida è tra eurocontrari ed eurofiduciosi. Secondo altri è – più drasticamente – tra popoli vessati e avidi mercati finanziari. Per altri ancora la tenzone contrappone, figurativamente, Atene rispetto all’accoppiata Bruxelles-Francoforte. E poi ci sono gli alfieri dei due schieramenti: da una parte Alexis Tsipras e Nigel Farage e dall’altra Jean-Claude Juncker e Mario Draghi. Resta il fatto che il voto di domenica 25 gennaio per il rinnovo del Parlamento in Grecia catalizza, come non mai, l’interesse di tutta l’Europa.
Ad Atene viene dato per vincente il leader della sinistra Alexis Tsipras che, alla guida del partito Syriza, potrebbe ottenere una consistente maggioranza relativa, obbligando il governo conservatore di Antonis Samaras (Nea Dimokratia) a lasciare il campo a chi non ha mai creduto alla ricetta della troika Ue-Bce-Fmi. E se Samaras mette in guardia da un successo della sinistra (“La posta in gioco è la permanenza del nostro Paese nell’euro e in Europa”), Tsipras risponde che i greci hanno già sofferto abbastanza ed è ora di cambiare passo (“Rispetteremo gli impegni” con l’Ue, “ma è finito il tempo dell’austerità”).
Syriza potrebbe aver poi bisogno di scendere a patti con altri partiti se, come è prevedibile, non riuscirà ad avere la maggioranza assoluta in Parlamento; di certo dovrà spiegare agli alleati, al popolo, all’Ue e ai mercati finanziari come vorrà risanare un Paese sull’orlo del fallimento senza tirare la cinghia e svicolando da quelle riforme di sistema necessarie per far tornare la penisola ellenica nel novero degli Stati moderni. Stati – questi – capaci di fornire ai cittadini i costosi servizi pubblici, pagare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti ministeriali, mantenere scuole e ospedali, rispettare gli impegni internazionali e rimborsare i debiti contratti…
E se alla vigilia del voto arriva il piano della Bce (Quantitative Easing) per l’acquisto massiccio di titoli, così da immettere nuova moneta nei circuiti europei, favorire la risalita dell’inflazione, la ripresa economica e l’occupazione, i leader dei 28 tengono lo sguardo puntato sugli elettori greci. La vittoria di Tsipras sarebbe ovunque interpretata come un “no” all’integrazione comunitaria, no all’Ue, no alla Bce. Avvalorando i messaggi “no Europa” diffusi in altre nazioni chiamate prossimamente al voto, con due appuntamenti particolarmente significativi: le elezioni nel Regno Unito del 7 maggio e quelle di dicembre in Spagna. Senza trascurare un’ulteriore manciata di delicati appuntamenti con le urne in calendario nel 2015: si voterà infatti – fra consultazioni parlamentari e amministrative – anche in Francia, Polonia, Paesi Bassi, Estonia, Finlandia, Danimarca.
A Londra (dove si sta discutendo di recedere o meno dall’Unione europea) è lanciatissimo il partito indipendentista di destra Ukip, di Nigel Farage; in Spagna cresce nei sondaggi Podemos (leader Pablo Iglesias), ovvero gli “indignati” che si collocano nella sinistra estrema. Su tutti vigila Marine Le Pen, alla guida del Fronte nazionale francese, che continua a ripetere il suo credo: no agli immigrati, no all’Europa, sì agli Stati nazionali (salvo chiedere un coordinamento europeo per contrastare le migrazioni e combattere il terrorismo che ha ferito il suo stesso Paese). Proprio in vista del voto di domenica, la Le Pen, che ama “uscire dagli schemi”, da destra fa il tifo per Syriza: “Noi euroscettici vogliamo un successo della sinistra in Grecia. Per il bene dell’Europa mi auguro che vinca Tsipras”. Intanto dalle colonne dell’ultimo numero dell’autorevole “Financial Times” è Tsipras a rassicurare ancora una volta l’Ue in caso di vittoria; Bruxelles, per voce del presidente della Commissione Jean Claude Juncker, sottolinea invece: “Qualsiasi governo sarà eletto in Grecia, dovrà far fronte agli impegni assunti con l’Ue”. Da Berlino Angela Merkel sorride…
Ora la parola passa agli elettori greci: le ingerenze esterne sul loro voto devono essere evitate, benché – ormai ne sono tutti consapevoli – ciò che accade in uno Stato membro dell’Unione ha influssi su tutti gli altri. L’Europa è già integrata e interdipendente: per questo il senso di responsabilità dei cittadini e dei governi non può che assumere un orizzonte continentale. La Storia va avanti: si tratta, per quanto possibile, di guidarla.