Splende nella cappella l’affresco del Manenti

Fu una vera rivelazione, nella tarda primavera del 2003, la riscoperta della maestosa figura del Cristo risorto dal sepolcro che gli storici locali davano per distrutto dall’umidità, affiorante dalla parete della cappella dell’Angelo Custode, nella cattedrale di Santa Maria Madre di Dio, quando la tela di Andrea Sacchi fu rimossa in occasione della mostra dedicata ad Antonio Gherardi. All’emozione del ritrovamento ha fatto seguito l’impegno per il consolidamento ed il restauro che ha riguardato l’intera decorazione della cappella comprendente la Sacra Conversazione con santa Lucia, sant’Agnese e san Martino di Tours, Il sogno di Giacobbe, La fuga di Lot da Sodoma.

Vincenzo Manenti (Canemorto, 1600-1670) merita di essere annoverato fra i protagonisti di questa straordinaria stagione artistica, sospesa tra il gusto narrativo tipico del manierismo e la solennità sontuosa del lessico barocco. La sua straordinaria vivacità narrativa, al servizio della committenza ecclesiastica reatina impegnata nel riassetto degli spazi consacrati in ottemperanza ai decreti del concilio di Trento, si manifestò appieno, in cattedrale, nella cappella dell’Angelo Custode, dove collaborò con il maestro Gregorio Grimani da Stroncone, autore del modellato plastico degli altari.

Costruita dopo il 1631 a spese di Alfonso Lucentini su progetto dell’architetto Giovanni Maria Maggi, la terza cappella a cornu Epistulae fu intitolata all’Angelo Custode, cui fu dedicata la tela dell’altare realizzata da Andrea Sacchi. In seguito la cappella fu ceduta dagli eredi Lucentini ai Nestori e da questi ai Severi, che la detennero fino alla metà dell’Ottocento. Nel 1859, la cappella fu riallestita a spese del Capitolo della Cattedrale e dedicata a san Giuseppe, che papa Pio IX aveva proclamato protettore della Chiesa, disponendo sull’altare una tela di Pietro Gagliardi e spostando la tela di Sacchi lungo la parete di sinistra. A questo intervento di riassetto si deve la scelta di celare sotto il dipinto dell’Angelo Custode l’affresco della Resurrezione di Manenti. Nel 1906, Giuseppe Colarieti Tosti disegnò il nuovo altare dove furono ricollocate le reliquie di san Probo – antico vescovo della Chiesa reatina – un tempo custodite dall’altare della basilica inferiore.

L’intervento di restauro è stato eseguito con appassionata competenza dalla giovane Martina Comis, valente restauratrice formatasi al prestigioso Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro di Roma, reduce, con un’altra collega, del prezioso lavoro che di recente ha restituito all’antico splendore gli affreschi del transetto sinistro della chiesa di S. Francesco.

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