30. Sollicitudo Rei Socialis: dimensione morale dello sviluppo e strutture di peccato

Il rapporto tra progresso e dimensione morale, appena accennato nel precedente articolo, verrà qui ripreso e sviluppato tenendo conto delle indicazioni che emergono dall’Enciclica di papa Giovanni Paolo II “Sollecitudo rei socialis” del 1987. In questo importante documento, uno degli aspetti centrali che riguarda tale rapporto, investe in modo drammatico la qualità della vita che i governi determinano con le scelte che attuano in riferimento all’industrializzazione. Il principio è chiaro (n.34): “l’uso delle risorse e la maniera di utilizzarle non possono essere distaccati dal rispetto delle esigenze morali” perché la contaminazione dell’ambiente induce gravi conseguenze per la salute della popolazione. L’uomo, leggasi i governi, deve quindi imparare a rispettare i limiti che il Creatore ha posto nell’esercizio della sua podestà sul creato affidategli, limiti ben espressi metaforicamente dalla proibizione di «mangiare il frutto dell’albero». Una giusta concezione dello sviluppo non può prescindere dalle considerazioni relative all’uso degli elementi della natura, alla loro rinnovabilità, esse ripropongono alla nostra coscienza la dimensione morale, imprescindibile riferimento ad un’idea di sviluppo che si dica davvero autentico perché si lega ad una progettualità non semplicemente “pesata” sulla propria generazione o al massimo a quella ancora successiva, ma al futuro dell’intera umanità. È del tutto evidente che le responsabilità in gioco sono enormi. La mancata attenzione alla dimensione morale dello sviluppo non può essere certo imputata a fattori esclusivamente economici. È la politica, l’altra corresponsabile degli immani disastri umanitari che colpiscono i popoli più poveri e il pianeta terra. La diretta conseguenza di quanto sopra è il grido di denuncia che non lascia spazio a interpretazioni diverse: la politica vive di ipocrisia, si alimenta dell’inganno verso i più deboli e poveri, sopravvive rimuovendo gli scrupoli morali. Ecco affacciarsi la lente con cui guardare la dimensione sociale, economica e politica in cui si esprime la convivenza umana: le strutture di peccato nascono e prolificano a partire dalle scelte personali, quelle ordinarie e quotidiane, quasi fossero il sottobosco di una foresta enorme che però non potrebbe sopravvivere senza il sottobosco stesso: peccato personale e peccato sociale sono interconnessi. Al n.37 il venerabile pontefice afferma che “(…) tra le azioni e gli atteggiamenti opposti alla volontà di Dio e al bene del prossimo e le «strutture» che essi inducono, i più caratteristici sembrano oggi soprattutto due: da una parte, la brama esclusiva del profitto e dall’altra, la sete del potere col proposito di imporre agli altri la propria volontà. A ciascuno di questi atteggiamenti si può aggiungere, per caratterizzarli meglio, l’espressione: «a qualsiasi prezzo» (…) Se certe forme di «imperialismo» moderno si considerassero alla luce di questi criteri morali, si scoprirebbe che sotto certe decisioni, apparentemente ispirate solo dall’economia o dalla politica si nascondono vere forme di idolatria: del denaro, dell’ideologia, della classe, della tecnologia”. Il papa con forza afferma quindi che occorre avere il coraggio di intraprendere un cammino per superare il male che conduce alle “strutture di peccato”, sapendo che “É un cammino lungo e complesso e, per di più, tenuto sotto costante minaccia sia per l’intrinseca fragilità dei propositi e delle realizzazioni umane, sia per la mutabilità delle circostanze esterne tanto imprevedibili. Bisogna, tuttavia, avere il coraggio d’intraprenderlo e, dove sono stati fatti alcuni passi o percorsa una parte del tragitto, andare fino in fondo (…) è sperabile che quanti, in una misura o l’altra, sono responsabili di una «vita più umana» verso i propri simili, ispirati o no da una fede religiosa, si rendano pienamente conto dell’urgente necessità di un cambiamento degli atteggiamenti spirituali, che definiscono i rapporti di ogni uomo con se stesso, col prossimo, con le comunità umane, anche le più lontane, e con la natura. in virtù di valori superiori, come il bene comune, o, per riprendere la felice espressione dell’Enciclica Populorum Progressio, il pieno sviluppo «di tutto l’uomo e di tutti gli uomini” (n. 38). Il nome di questo cammino… “conversione”.