Il sociale irrompe in “Che Dio ci aiuti”

Nella terza serie (ottimi ascolti), grande attenzione alla condizione giovanile

La scrittura è semplice, la sceneggiatura pure, i dialoghi sono diretti e veloci, i personaggi fortemente stereotipati. Forse anche per questo “Che Dio ci aiuti” (Rai 1, giovedì ore 21) mantiene – e anzi rafforza – nella sua terza serie il successo di pubblico ottenuto finora, attestandosi intorno a un 24%-25% che altre produzioni ben più costose si sognano.

L’idea della serie. In onda dal dicembre 2011, è semplice: suor Angela (Elena Sofia Ricci), all’anagrafe Lorenza, insieme alle consorelle gestisce all’interno di un convitto un bar dal nome evocativo: “L’Angolo Divino”. Attraverso questo punto di ritrovo, il loro convento finisce per essere attraversato da un’umanità – soprattutto giovanile – decisamente varia, che coinvolge sempre più direttamente suor Angela nelle faccende esistenziali e sentimentali di ciascuno.

La protagonista, dal canto suo, è una ex carcerata che ha completamente “svoltato” dopo essere stata condannata per rapina a mano armata e concorso in omicidio e decide di trasformare il convento degli Angeli di Modena, a rischio di chiusura, in un convitto con tanto di bar. Si ritrova così a far da “mamma” a tre giovani ragazze – Azzurra (Francesca Chillemi), Giulia (Serena Rossi) e Margherita (Miriam Dalmazio), alle prese con i temi e i problemi tipici dell’età: studio, lavoro e intrecci sentimentali. Ma nuove presenze femminili e maschili si sono aggiunte nel tempo, a rendere più ricca e intrigante una trama dai risvolti sempre più interessanti, soprattutto per l’incrocio con i temi della condizione giovanile più controversi. Dall’uso di droghe al bullismo, dalla prostituzione minorile alla violenza familiare.

Fatte le debite proporzioni, suor Angela è una sorta di don Matteo (Terence Hill) in gonnella. Fra lei e il protagonista dell’omonima serie temporaneamente sospesa ci sono molte analogie: l’abito religioso, la tendenza a infilare il naso negli affari degli altri, la propensione a fare (quasi) più il detective che il religioso, la condivisione di un’ambientazione popolare e l’intuito che aiuta a risolvere anche i casi – giudiziari o sentimentali – apparentemente più intricati.

Il legame è dichiarato: proprio nell’episodio “Don Matteo sotto accusa” dell’ottava stagione, Elena Sofia Ricci ha interpretato suor Angela in una comparsata in cui ha incontrato il noto prete-detective che le ha suggerito di chiamare “L’Angolo Divino” il suo bar in costruzione. Sul finire dell’episodio, la protagonista si era addirittura rivolta direttamente alla telecamera per annunciare il titolo della fiction, allora in fase di lancio.

La casa di produzione, neanche a dirlo, è la Lux Vide di Luca Bernabei, che inizialmente aveva lanciato la serie soprattutto sul versante del giallo. Con il passare del tempo e delle puntate, la connotazione da commedia si è accentuata fino a diventare prevalente, sia nei contenuti (sentimenti), che nelle modalità espressive dei protagonisti (linguaggio e caratterizzazione).

Ambientata inizialmente a Modena, la produzione si è poi spostata a Fabriano, mentre gli interni sono girati per la maggior parte a Roma. Il clima familiare e la semplicità della narrazione ne fanno un appuntamento distensivo, in cui lo spettatore non si trova in situazioni di suspense in quanto l’epilogo è praticamente noto fin da subito. Se si volesse aprire un capitolo sulla effettiva connotazione religiosa dei contenuti e del ruolo della protagonista, beh… il discorso potrebbe cambiar tono. Ma forse a un prodotto di fiction non si può chiedere più di tanto di “dire la verità”. E comunque non è tenuto a farlo, pena uno slittamento narrativo e contenutistico.

Del resto, per usare un’espressione cara a suor Angela “Che Dio ci aiuti!”. E aiuti anche gli sceneggiatori ad aiutarci a riflettere sul nostro tempo, oltre che a divertici con garbo. In fondo, il lieto fine, a pensarci bene, non è solo pura consolazione.