Il simbolo rientra dalla finestra

L’esplorazione filosofica e teologica di Stefano Biancu e Andrea Grillo

Il “processo di chiusura e di immanentizzazione, tipico delle società politiche moderne, sta alla base della disintegrazione del fondamento trascendente della comunità e apre a esiti totalitari: i totalitarismi sono precisamente religioni politiche che si sono appropriate dell’elemento trascendente al quale avrebbero dovuto sottomettersi”.

W9OBEqvlPqBU_s4Stefano Biancu cita le parole del filosofo Eric Voegelin in un suo studio presente all’interno di “Il simbolo. Una sfida per la filosofia e per la teologia” (San Paolo, 162 pagine, con una prefazione di Ghislain Lafont), scritto assieme ad Andrea Grillo. Biancu e Grillo si dividono i compiti: il primo traccia una sorta di storia del simbolo all’interno del pensiero occidentale, il secondo approfondisce il rapporto tra il simbolo e la liturgia. Ma quella citazione di Voegelin rappresenta un punto fondamentale per capire davvero tutte le implicazioni che il processo di simbolizzazione comporta nel suo affiorare dentro la cultura e la religione. È il nodo che Freud chiamerebbe del rimosso: messo fuori dalla porta dal laicismo esasperato delle società post-moderne, il simbolo rientra dalla finestra delle proiezioni della trascendenza non più nel contesto del divino, ma nella sfera politica. Il nazismo aveva assunto in sé tutta la tremenda forza dell’altrove traferitasi nel qui e nell’ora, e i caratteri divini, sradicati dalla sfera trascendente, vengono attribuiti all’umano. Di fatto la spasmodica tensione al riconoscimento di una dimensione superiore viene corrotta e deviata verso l’umano, che sostituisce il divino.

Merito del lavoro di Biancu è quello di metterci davanti tutto il lavoro che è stato compiuto nel corso dei millenni per arrivare alla comprensione dell’universo simbolico che difficilmente troverà una definizione capace di comprenderlo davvero, visto che il simbolo è per sua natura voce dell’incomunicabile, per alcuni segno vago e insufficiente, per altri parte medesima del Principio che si tenta, almeno per un attimo, di avvicinare.

Secondo la retorica, il simbolo è un procedimento attraverso il quale il contenuto profondo tenta di giungere alla comprensione umana con un esempio materiale: la croce è il simbolo della morte e resurrezione del Cristo e del cristianesimo stesso. Solo che, a differenza di altre figure retoriche come la metafora e l’allegoria, esso non è riducibile ad una equazione: i capelli d’oro sono una metafora che ci dice il biondo dei capelli con uno spostamento di termini e la soppressione di uno di loro (biondo, appunto). Il simbolo invece non ha una possibilità di equivalenza: l’acqua rappresenta la vita, ma nel contempo accenna a strutture profondissime che stanno sotto la logica umana, richiamano le origini stesse dell’individuo, la medesima natura corporea dell’uomo. Biancu fa bene a citare Marcel Jousse, che sosteneva come il simbolo fosse alla base delle manifestazioni umane, tese ad imitare “le azioni e i ritmi dell’universo”.

La rilevanza del simbolo all’interno del discorso su Dio e della liturgia è approfondita nella seconda parte del libro da Andrea Grillo, che prende le mosse dalla cosiddetta “svolta simbolica”: dopo secoli di convinzione che le cose si spiegassero da sole e che non ci fosse dunque nessun bisogno di una ricerca sul significato profondo della loro presenza, e dopo che all’interno della Chiesa stessa il simbolo poneva il sospetto di “deriva modernistica”, si assiste al ritorno di quella che non può neanche essere considerata la madre di tutte le figure: essa stessa non è una figura, o almeno non lo è del tutto, in quanto è, almeno in parte, l’essenza medesima. Grillo attacca nel suo saggio “l’opposizione tra simbolo e realtà” che si è proposta da più parti, proprio perché il simbolo è “la struttura significativa della relazione tra l’uomo e il suo fondamento”.

L’interesse di questo libro sta nell’averci permesso di ripercorrere la storia del simbolo e delle sue relazioni con la cultura e la fede, anche se sarebbe stato bene servirsi di un linguaggio meno tecnicistico, da addetti ai lavori: l’argomento meritava di essere reso comprensibile ad una fascia meno ristretta di lettori.