Shoah: più di 200 studenti dell’Istituto Magistrale nell’aula del consiglio provinciale di Rieti

Video, musica, letture e testimonianze caratterizzeranno la celebrazione del “Il Giorno della Memoria” nel corso della mattina del 26 gennaio presso l’aula consiliare della provincia di Rieti.

A palazzo d’oltre Velino si ritroveranno tutti gli studenti delle quarte classi dell’Istituto per riflettere sul significato e la portata della terribile tragedia che ha coinvolto gli Ebrei nel corso del secondo conflitto mondiale, un’occasione di confronto e approfondimento che certamente sarà favorito dal previsto intervento di mons. Domenico Pompili, Vescovo della Diocesi di Rieti.

“La tempesta devastante”, la “catastrofe”, “desolazione” sono termini che aiutano a comprendere meglio il significato della Shoah nella cultura ebrea, un’idea che gli allievi del Liceo Musicale e del Coro d’Istituto “La Fenice”, cercheranno di comunicare tramite le loro esibizioni artistiche e che saranno ulteriormente ripresi sia dalle testimonianze di studenti dell’Istituto che hanno visitato i campi di sterminio di Aushwitz e di Birkenau che dalle letture effettuate da altri alunni tratte da “La Tregua” di Primo Levi e da “La banalità del male” di Hanna Arendt.

Ricordare, non negare. Omaggiare piuttosto che dimenticare. Questo lo scopo della giornata, si tratta cioè di far comprendere ai giovani l’enorme gravità dell’evento e l’assoluta importanza che la memoria è l’unico rimedio per evitare che si verifichi di nuovo, reagendo così ai negazionisti che mancano di onestà intellettuale e non rispettano i milioni di morti e i pochi superstiti ancora in vita.

La strage non vada dimenticata.

«Quel che ora penso veramente è che il male non è mai radicale, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. È una sfida al pensiero, come ho scritto, perché il pensiero vuole andare in fondo, tenta di andare alle radici delle cose, e nel momento che s’interessa al male viene frustrato, perché non c’è nulla. Questa è la banalità. Solo il Bene ha profondità, e può essere radicale». Da “La banalità del male” di Hannah Arendt.

A cura dei ragazzi di Reporter a Scuola
Emiliano Pollina e Carola Ciccomartino