Chiesa di Rieti

«Servire Dio nello stile di Maria». Gioia in Cattedrale per l’ordinazione diaconale di Pietro Zych

Lo scroscio dell’applauso all’abbraccio di mons Pompili, poi la stretta dei confratelli nell’ordine. É stata l’emozione di Pietro Zych a caratterizzare la seconda domenica di Avvento in una gremita Cattedrale di Santa Maria. Il giovane monaco del Cenobio della Trasfigurazione ha infatti ricevuto dal vescovo Domenico l’ordine del diaconato, insieme a un’indicazione speciale: «Servire Dio nello stile di Maria»

Lo scroscio dell’applauso all’abbraccio di mons Pompili, poi la stretta dei confratelli nell’ordine. É stata l’emozione di Pietro Zych a caratterizzare la seconda domenica di Avvento in una gremita Cattedrale di Santa Maria. Il giovane monaco del Cenobio della Trasfigurazione ha infatti ricevuto dal vescovo Domenico l’ordine del diaconato, insieme a un’indicazione speciale: «Servire Dio nello stile di Maria». Un richiamo alla coincidenza del rito con il giorno dell’Immacolata, chiamata da mons Pompili« vergine dell’ascolto e dell’accoglienza».

Tra le letture del giorno c’è il brano della Genesi, che ritrae Adamo e Eva quando il serpente ha ormai ottenuto il suo scopo:« dividere, contrapporre, distruggere, distanziare». Un racconto delle origini che risuona anche nella condizione dell’uomo d’oggi, diviso tra interiorità ed esteriorità, contrapposto agli altri, parte di una società che distrugge la natura, abitato da persone incredule e dunque distanti da Dio.

L’esatto contrario di Maria: la giovane donna non si lascia sedurre da chi tutto divide, contrappone, distrugge, ma stupisce con la sua prossimità, con la sua sensibilità, con la sua spiritualità. «L’Immacolata – ha spiegato don Domenico – è il sogno di Dio sull’umanità», che riprende vita quando si fa avanti «una generazione di donne e uomini per i quali l’amore per Dio viene prima, perché soltanto Dio è più forte del male e del dolore, solo dio può colmare i vuoti che ci capita di incontrare».

«C’è bisogno – ha aggiunto il vescovo – di immettere nei nostri polmoni intossicati, nuovo ossigeno, aria pulita, nuova vita, energia pulita; c’è bisogno di Dio, del silenzio, della grazia, della gioia, che solo da Dio possiamo attendere».

A dispetto di quanti credono che l’evangelizzazione sia il primo problema per la Chiesa di oggi, il mons Pompili mette il tema dietro alla capacità d’ascolto. Perché l’ascolto è già accoglienza, ospitalità. «Senza l’ascolto – ha sottolineato il vescovo – l’annuncio rischia di essere la risposta a una domanda non posta, che è quanto di più pedante e inutile possa esserci».

Per questo, al benedettino Pietro, don Domenico ha raccomandato di tendere l’orecchio del cuore: una massima del patrono d’Europa che invita ad andare oltre l’udito, a confidare sui sensi del cuore. Diversamente anche i cristiani corrono il rischio di essere risucchiati nel vortice delle cose, di perdere la capacità di ascoltare la foresta che cresce, di avvertire il sapore della presenza di Dio , di cogliere le piccole gioie quotidiane.

È una diaconia dell’ascolto, dunque, quella affidata dal vescovo al giovane monaco del Terminillo, che da Maria deve trarre l’essere attirato e poi orientato verso Gesù, «verso un Dio che ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati, di fronte a Lui, nella carità».

Al termine della celebrazione, prima della benedizione, è stato un commosso padre Mariano Pappalardo, a ringraziare il vescovo, «che ha voluto arricchire la nostra fraternità monastica e la chiesa di Rieti di un nuovo diacono». Una scelta felice, ha aggiunto la guida della fraternità benedettina del Terminillo, perché «non c’è scelta più autenticamente evangelica della diaconia».

Al termine della celebrazione, il nuovo diacono è stato festeggiato da tanti presso la casa delle suore del Divino Amore.