Serate di riflessione al Giugno antoniano, dalla «Amoris lætitia» alla missionarietà

Ad arricchire il programma del Giugno antoniano, le serate di riflessione su argomenti di attualità ecclesiale, come quelle svolte mercoledì sull’Amoris lætitia e venerdì sull’impegno missionario di una Chiesa aperta a una dimensione di mondialità.

Ad aprire i riflettori sull’esortazione apostolica in cui papa Francesco ha sintetizzato i lavori delle due assemblee del Sinodo dei vescovi sulla famiglia l’interessante contributo di don Maurizio Gronchi, consultore all’ex Sant’Uffizio e docente di Cristologia all’Urbaniana, profondo conoscitore del documento pontificio (di cui ha pubblicato per San Paolo un’approfondita guida alla lettura), “provocato” dalle domande del giornalista di Radio Vaticana Alessandro Gisotti. Un documento davvero frutto di sinodalità, ha sottolineato Gronchi, esperienza di ascolto reciproco, sintesi della diversità fra i padri sinodali che, ha detto, «non era un potpourri ma un mosaico, che il Papa ha completato». Più che novità di contenuti – poiché la dottrina è sempre quella – si tratta di novità di linguaggio: si parla di lætitia, di gioia: «uno sguardo positivo nel dire che c’è una possibilità per tutti, nell’ottica della misericordia». In particolare, l’attenzione verso i giovani nell’incoraggiare al passo del formare una famiglia e all’educazione dei figli: «abbiamo bisogno di riscoprire la potenza generativa».

Dedicato invece a “Il bene comune in tempo di crisi” l’incontro animato dal giornalista e missionario Giulio Albanese, che ha richiamato l’urgenza di uno sguardo quanto più aperto a un mondo sempre più “piccolo” e sempre più in cambiamento. Un mondo, ha detto padre Albanese, dove la forbice tra ricchi e poveri è sempre più ampia e iniqua. Dove, come già Paolo VI rilevava oltre quarant’anni fa, in cui a vertici di progresso, con cambiamenti mai avvenuti per secoli, si contrappongono abissi di miseria e solitudine: si veda oggi la profonda iniquità che caratterizza il discorso materie prime, in particolare quelle necessarie per le componenti interne delle nostre “diavolerie” tecnologiche, cellulari e affini, depredate nel Sud del pianeta con salari ridicoli per le popolazioni locali. Rileggendo i concetti di fondo dell’attuale Pontefice in Evangelii gaudium (e sviluppati, per quanto concerne la cura della “casa comune”, nella Laudato si’), il comboniano ha ribadito quanto sia necessario non chiudersi in noi stessi, liberandoci da pregiudizi ideologici e aprendoci alla autentica solidarietà «che non è l’elemosina “pelosa” dei ricchi epuloni verso i poveri Lazzari, ma è empatia e condivisione» nei confronti di una realtà servendo la quale – è la sua esperienza di missionario – è più quello che ha ricevuto di quello che ha dato.