Se chiude Comifar, cosa perdiamo?

L’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute della Diocesi di Rieti, nel complesso momento che le varie realtà nazionali e locali stanno attraversando, guarda con particolare preoccupazione alla vicenda Comifar.

Le difficoltà di questa piccola realtà reatina non hanno né i numeri, né il carattere dalla crisi produttiva di altri siti del nostro nucleo industriale. L’azienda, del resto, non è una fabbrica. Si tratta infatti dell’unico distributore di farmaci nella provincia di Rieti, oggi filiale del maggiore operatore del settore in Italia.

Da decenni il magazzino provvede al rifornimento delle farmacie locali, ma nel tempo qualcosa si è incrinato.

Lo si legge nel calo di fatturato registrato negli ultimi anni. Apprendiamo dai lavoratori e dalla stampa che tale tendenza negativa dipende in gran parte dalle scelte commerciali di alcune grandi farmacie della città di Rieti. Tra queste sono comprese quelle “comunali”. Con i suoi quattro punti vendita, ASM rappresenta una parte assai significativa dell’offerta sulla città e questa una parte cospicua dell’intero mercato del farmaco della provincia.

Si tratta di attività che per decenni hanno goduto del servizio generoso e solerte dei lavoratori della Comifar. A tutt’oggi questi garantiscono alle farmacie locali un elevato numero di consegne giornaliere e la reperibilità in tempi stretti di qualunque prodotto, compresi farmaci rari e salvavita.

Un lavoro svolto in modo discreto, da “dietro le quinte”, e forse non percepito appieno dai reatini, che pure da quel lavoro hanno tratto sicuro vantaggio.

Di fronte alla probabile prossima chiusura del sito quindi, è necessaria una presa di consapevolezza anche da parte dei cittadini. Non si tratta solo di evitare l’aggiunta di ulteriori venti famiglie al disagio che già vivono tanti lavoratori a causa della crisi dell’economia locale. Il magazzino dei farmaci garantisce l’approvvigionamento non solo in città, ma anche alle farmacie della provincia, comprese quelle delle zone più disagiate. Queste, spesso, sono un vero e proprio punto di riferimento all’interno di comunità isolate e anziane. Sono realtà rispetto cui la chiusura di Comifar creerebbe non poco disagio. Non costituendo un mercato di prima grandezza infatti, potrebbero avere difficoltà ad attrarre un distributore alternativo alla sede del nucleo industriale, con grave danno per i residenti.

Non solo: anche le farmacie della città andranno incontro a probabili disservizi. Difficilmente distributori diversi potranno provvedere a consegnare i farmaci con la frequenza e la tempestiva puntualità garantite dal magazzino reatino. Lo si prevede considerando la maggiore distanza e le ridotte infrastrutture che caratterizzano la nostra provincia. Lo si constata già adesso dal fatto che – direttamente o indirettamente – molte urgenze di farmacie che per l’ordinario si rivolgono altrove vengono soddisfatte da Comifar.

Ciò nonostante, la crisi di questa realtà preziosa viene per lo più taciuta. Ci pare se ne occupino con poco impegno la politica e i sindacati e troppo poco ne scriva la stampa. Di conseguenza assai poco ne sanno i cittadini.

È un silenzio al quale l’Ufficio Diocesano per la Pastorale della Salute non può accodarsi. La popolazione della provincia di Rieti è tra le più anziane d’Italia. Anche se non è questo il luogo per riportare dati e statistiche, i problemi sono comunque ben visibili e presenti nell’esperienza di ognuno. Dal nostro osservatorio intanto, possiamo testimoniare come, dato il contesto, la disponibilità di una varietà di farmaci sia essenziale e il modo in cui avviene l’approvvigionamento faccia la differenza.

Poniamo attenzione anche ai discorsi economici. In un mercato dai prezzi al consumo per lo più imposti all’origine, eventuali margini possibili alle farmacie grazie a distributori alternativi, trovano una probabile giustificazione nella compressione del costo del lavoro o in un servizio meno articolato e puntuale di quello offerto dagli addetti della Comifar di Rieti. E va sottolineato come, in ogni caso, qualunque margine non vada a vantaggio del consumatore – del malato – che paga pur sempre il prezzo stampato sulla confezione.

Abbiamo una sentita e doverosa simpatia per i dipendenti della Comifar. Magazzinieri, vettori e impiegati verso cui vanno la nostra solidarietà e la nostra preoccupazione per le difficoltà che ognuno sta incontrando. A loro rivolgiamo i nostri auguri per il Santo Natale, nella speranza che l’anno nuovo porti maggiore serenità nelle loro case.

Questi auguri li coniughiamo con l’invito – rivolto a politici, amministratori, farmacisti, giornalisti, associazioni e cittadini – a riflettere su cosa sono davvero un comune, una città o una provincia, a cosa servono e come funzionano.

Ci dicano se accompagnare silenziosamente alla chiusura un così importante snodo di servizi, in parte essenziali, al di là di ogni discorso occupazionale, non sia una macroscopica anomalia, tale da richiedere l’interesse, l’impegno, la partecipazione di ognuno.

Nazzareno Iacopini
Direttore Ufficio per la Pastorale della Salute Diocesi di Rieti