Scusi, lei è parabucolico?

Se non fossimo in provincia lo chiameremmo scoop. Se amassimo il giallo, l’intrigo, le microspie parleremmo di rocambolesche intercettazioni. A volerci ricamar su, faremmo i misteriosi.

Ma noi siamo modesti, e sveliamo subito l’arcano: semplicemente un nostro amico ha ascoltato per caso certi discorsi fatti a tavola da alcuni Maestri del pensiero reatino.

Ignobilmente ce li ha riferiti, sapendo che non avremmo resistito alla tentazione di divulgarli.

La curiosità è malattia seria e contagiosa. Ad esempio, ci domandavamo, per chi voteranno i nostri Autori? Un po’ per tutti, si capisce, ma pare che si orientino per il voto “discinto”. Sarebbe a dire disgiunto, ma «freudianamente il lapsus è significativo del conflitto da collocare al di dentro di loro stessi».

Cosa pensano della campagna elettorale in corso? La trovano bella, con tanta gente che «ci si lavora», tanta gente che «li ha cercato», tanta gente «che sorridono». I candidati fanno «il giro dei vicinati», «rimbalzano di festa in festa», «da casale a casale», tra i «soppalchi dei vicoli» e nelle «piazze di quartiere», portando dovunque «la loro carica di inconfondibile trovadorismo nostrano».

Il giudizio sulle giunte Emili? «Culture nuove, dirompenti, entusiasmanti; hanno galleggiato sopra una realtà che contraddiceva la loro stessa sovrastruttura di pensiero».

La rissa Emili – Rinaldi? «Ognuno, nel pluralismo del proprio pensiero, può dire ciò che vuole». Si insultano a suon di forchettone e sfigato? «Forse la dimidiazione fra lingua dei reatini e lingua nell’ambito della civitas potrebbe anche essere l’esito di uno sviluppo storico della stessa civitas». Potrebbe derivarne che «nel tempo burocratico di poi» (al ballottaggio, ndr) voteranno entrambi per Perelli.

Il grande proliferare di liste civiche? Ormai la «politica è intesa come una sorta di “paesaggismo” che oltretutto tende semprepiù ad annullarsi nei falsoilluminati cunicoli della propaganda». La gestione della ASM? «Rieti è una città alla fonda in un mare che si agita per togliersi di dosso la sedimentata immobilità che il tempo le ha fatto piovere come una pioggia di cenere». La presenza femminile nelle liste elettorali? Qui, riferisce il nostro amico, la conversazione si fa più sussurrata, rarefatta, ammiccante.

«Con tante ragazze si erano già visti una volta, ma tempo di prima e poi adesso sul muraglione. Poi mai più, mai più per sempre». «Dalla memoria riemerge l’odore del coniglio appena scorticato. Come candidate si acconciano in un angoletto, sole, a guardare un punto indefinito dell’orizzonte dove tramonta un sole inconcepito».

La nuova televisione locale? «I vicoli e gli umidi androni delle case, attorcigliati, hanno assorbito l’ultramondano fremito catodico. Stupirsene?»

«Cosa si potrebbe fare per evitare che i giovani possano emigrare?» esplode uno Scrittore multi premiato. «Anch’io vorrei restare qui fra gli ulivi fino a quando partirò al di là della terra e del mare». Spero che capisce la mia poesia. «Sembra che tutto comincia e finisca». «E invece è l’attimo semaforico che ci lega alla terra, ad uno sguardo azzurrevole, al Velino».

Cosa pensano del premio letterario città di Rieti? «Siamo usciti dalla minuzzaglia inerziale della cronaca per entrare nel circuito internazionale». Alcuni candidati propongono di spostare la ferrovia? «Attraversare la ferrovia significa transitare da una dimensione, non propriamente urbana quanto soprattutto psicoetnologica, all’altra. È come una divisoria parete tra la città ed una parte di questa: ha generato una sorta di psicologia della partitività».

Cosa pensano del Festival del tango a Rieti? «Il tango come delirio triste non accede alla danzabilità. Tuttalpiù riemerge dal ripostiglio del trascorso. In termini esistenziali è come una scettica, metafisica dissipazione di sentimenti».

Verso la fine del convivio la conversazione scivola sul bio–agriturismo. Qui le opinioni divergono. Polemicamente sostiene un Maestro che: «Questo tema evoca ricordi che sfumano tra memoria e ricordo, tra visioni sociali e sensazioni parabucoliche».

Segue un fragoroso silenzio. Ma a questo punto, va detto a scusante dei nostri amati Maestri, il tasso alcolico era piuttosto alto. E il nostro amico, poverino, non ce la faceva più a seguire la conversazione. Era in preda ad un forte mal di testa. Se ne andò, col dubbio atroce di essere, in fondo, un po’ parabucolico anche lui.