Scuola? Poesia e Pokemon

A scuola è facile andare fuori tema, speriamo di non farlo occupandoci di scuola. L’attualità preme da un lato e il calendario dall’altro, per cui sembra che si possa parlare d’istruzione solo a giugno e settembre, in concomitanza della chiusura e riapertura. A rischio di beccarci un brutto voto proviamo a dare qualche idea.

Innanzi tutto parlando di educazione in generale, senza riferirci a specifiche fasce d’età. E questo per pensare a principi sempre validi. D’altro canto ci occuperemo di cose concrete e concretizzabili, quasi delle ricette da applicare nelle diverse situazioni. Una sorta di slogan pratici.

Prendiamo per esempio la poesia. Costretti a impararle a pappagallo da piccoli e annoiati a studiarle da grandi, pochi hanno un buon ricordo di rime e metafore. Eppure l’esercizio della memoria è fondamentale e con la musicalità propria dei versi diventa molto più semplice. Umberto Eco, qualche tempo fa, ha suggerito ai giovani di imparare almeno un qualcosa a memoria ogni giorno, qualsiasi cosa, proprio in virtù del fatto che la capacità di ricordare va allenata.

Proponiamo allora di far apprendere qualche verso a settimana, almeno per cominciare, legato alle altre materie scolastiche. Ci sono poesie dedicate ad ogni argomento, ne siamo certi, e non sarà difficile scovarle. In caso contrario siamo pronti noi stessi a fare qualche esempio se ci fossero interessati.

E adesso veniamo ai Pokemon. I simpatici pupazzetti che popolano film, cartoni e ogni altro settore dello scibile hanno letteralmente riempito l’infanzia delle ultime generazioni di ragazzini. La colpa è soprattutto dei videogiochi. Su piccoli schermi portatili o nelle console casalinghe le ore passavano spensierate in loro compagnia. Si entrava in un altro mondo (chi scrive ci è rimasto intrappolato a lungo!).

Perché? Difficile dirlo e probabilmente i fattori sono molti. Uno dei meccanismi noti è quello della ricompensa immediata. Si “sconfigge” un nemico e si vince una medaglia. Molti studiosi credono che replicare tali dinamiche nella vita reale ci aiuterebbe a svolgere compiti noiosi e ripetitivi. La scuola sarebbe il primo e naturale banco di prova. Legare l’ottenimento di piccoli risultati all’avanzamento di “livello”, a sua volta collegato a piccoli premi. Si otterrebbe una competizione più giocosa di quella dei voti e legata al breve periodo.

Ovviamente prove e premi dovrebbero essere pensati in base alla classe scolastica. Crediamo che anche studenti delle superiori, in certe condizioni, potrebbero accettare un simile gioco senza sentirsi presi in giro o ridicolizzati. La nostra idea è di attuare minigiochi che non stravolgano la normale didattica e siamo pronti ad essere clamorosamente smentiti dai prof, a patto che prendano seriamente in considerazione questa possibilità.

Nessuno vuole insegnare niente a maestri e professori. Lanciamo concetti un po’ esagerati magari, con il fine però di incidere in un dibattito fermo se non estinto. Possiamo aspettare come al solito la prossima riforma ministeriale. Oppure mettere in atto micro idee pratiche, come queste, che si affiancano ai metodi classici per integrarli o aggiustarne il tiro. Auspichiamo soprattutto di dar vita ad un dibattito tra addetti ai lavori e non, che potrà anche cestinare le nostre proposte per esporne di nuove e migliori. Una scuola finta per la Scuola vera.