Scuola piacentina. I cinque cardinali

Montini aveva espresso in diverse occasioni ai nostri cardinali la convinzione che la Chiesa piacentina fosse animata da un clero di spessore, che aveva bisogno di aprirsi alle novità del Concilio.

Piacenza è stata negli anni ’80 la diocesi dei cinque cardinali, un autentico record a guardare oggi come è mutata, in senso internazionale, la schiera degli elettori del Papa: Casaroli, segretario di Stato di Karol Wojtyla, Nasalli Rocca, prefetto della Casa Pontificia, Oddi, prefetto della Congregazione del clero, Rossi, presidente del Pontifico Consiglio per i laici, e Samorè, nunzio e prefetto della Congregazione per i sacramenti. Fu quest’ultimo, nel Concistoro del 1967, ad aprire la strada della scuola piacentina nel servizio alla Santa Sede e alla Chiesa nel mondo. Lo seguirono a ruota Nasalli Rocca e Oddi due anni dopo, Rossi nel ‘76. Paolo VI ebbe nella vita di ciascuno di loro un ruolo decisivo. E fu attraverso di loro che il Papa bresciano ha potuto conoscere la diocesi di Piacenza e una delle sue istituzioni più rappresentative, il Collegio Alberoni, che a ragione venne chiamato la “fabbrica dei Cardinali”.
Il cardinale Giulio Alberoni, figlio di un ortolano, era riuscito a cavallo tra il ‘600 e il ‘700 a diventare uno dei prelati più influenti della sua epoca, divenendo addirittura ministro della Corona di Spagna. Tutto per lui era cominciato anni prima grazie al sostegno, anche economico, di un benefattore, che gli aveva consentito di proseguire gli studi. Il suo Collegio, la cui prima pietra fu posata nel 1732, è stata, per tanti seminaristi fino ad oggi la grande occasione di accedere ad una preparazione culturale e spirituale rigorosa e approfondita, indipendentemente dalle proprie possibilità economiche.

Antonio Samorè, Silvio Oddi, Opilio Rossi e Agostino Casaroli, sotto la guida dei professori del collegio e, fra gli altri, anche del rettore mons. Alcide Marina, hanno potuto mettere in luce le proprie doti. Doti che papa Paolo VI ha saputo apprezzare e riconoscere. È stato proprio lui, infatti, ad elevare Samorè al rango cardinalizio nel giugno del 1967. In quell’anno Agostino Casaroli, figura centrale della diplomazia vaticana negli anni della guerra fredda, fu promosso da papa Montini, che lo nominò vescovo nel 1967. Giovanni Battista Montini non visitò mai Piacenza, ma seppe riconoscere e valorizzare le personalità a cui la nostra diocesi aveva dato i natali.
Il rapporto di Montini con Piacenza non si risolve però nel rapporto con i cardinali usciti dal cCllegio Alberoni. Il Vescovo di Roma, infatti, si premurò, nel 1969, di inviare in città un vescovo che avrebbe potuto farsi portatore appieno delle novità del Conclio.

“Montini a Milano aveva conosciuto il sacerdote Enrico Manfredini, classe 1922 – racconta oggi mons. Domenico Ponzini, canonico decano della Cattedrale di Piacenza e per svariati anni collaboratore proprio di Manfredini -. Manfredini era una persona molto attiva, un gran lavoratore ed era stato un ottimo assistente dell’Azione Cattolica milanese, guadagnandosi così la fiducia e la stima del futuro Pontefice che, tra l’altro, lo aveva voluto tra i parroci presenti al Vaticano II. Paolo VI vide in lui la persona giusta da mandare a Piacenza”. Come spiega ancora Ponzini, Montini, infatti, aveva espresso in diverse occasioni ai nostri cardinali la convinzione che la Chiesa piacentina fosse animata da un clero di spessore, che aveva bisogno di aprirsi alle novità del Concilio. E Manfredini non deluse le aspettative. “Non si stancava mai – conclude mons. Ponzini -. Capitava a volte di celebrare in quattro o cinque parrocchie diverse ogni domenica, tanto che, per non venire meno all’incontro con le comunità, rinunciava addirittura a mangiare”.

Elisa Bolzoni – “Il Nuovo Giornale” (Piacenza-Bobbio)