Scuola: l’occupazione non è una soluzione

Sul tema delle occupazioni interviene la Dirigente Scolastica dell’Istituto Superiore Rosatelli, prof.ssa Daniela Mariantoni, con un documento che riproponiamo di seguito:

È parte integrante dei compiti della scuola essere luogo di formazione civile e guidare gli studenti a conoscere e a valutare con spirito critico i problemi sociali, a partire da quelli della comunità scolastica. In questo senso la scuola, in particolare quella superiore, deve senz’altro, nei limiti dei suoi compiti istituzionali, favorire e valorizzare l’interesse dei giovani per la dimensione politica, sia attraverso lo studio delle materie scolastiche, sia mettendo a loro disposizione i suoi locali in orario pomeridiano per approfondire i problemi della società e della scuola da loro più sentiti e sperimentare le modalità e gli strumenti con cui è possibile partecipare attivamente alla vita democratica.

Gli studenti devono però essere consapevoli che se la politica è cosa seria e importante, devono risultare serie e credibili le forme di protesta. Devo dire in tutta sincerità che non può risultare tale l’occupazione del 17- 18… dell’Istituto Rosatelli, al di là delle ragioni che non possono essere condivisibili, dato che nella scuola i problemi e i motivi di disagio sono da tempo numerosi e gravi. È infatti inevitabile che si dubiti della genuinità delle motivazioni quando la protesta comporta? Un periodo più o meno lungo di “vacanza” trascorsa alloggiando all’interno dell’edificio scolastico.

Ben altra credibilità avrebbero, anche agli occhi dell’opinione pubblica, attività politico-culturali organizzate dagli studenti durante il pomeriggio, oltre che nelle assemblee, o in orario scolastico. Esistono poi tanti modi per far conoscere le proprie rivendicazioni, da internet ai volantini, dai comunicati stampa alle petizioni, oltre alle molte forme di pubblica manifestazione, purché rispettose delle leggi e dei diritti altrui.

Sono convinta che la “difesa della scuola pubblica” sia fondamentale per la nostra democrazia, invito a riflettere sul fatto che la scuola è un servizio pubblico, pagato dai cittadini con i tributi, e che ogni giorno di interruzione delle lezioni è un grave spreco di risorse, oltre che una lesione del diritto allo studio di tantissimi studenti. Senza contare che durante l’occupazione vengono causati gravi danni agli edifici e alle attrezzature delle scuole.

La scuola statale, per definizione, non è proprietà né dei dirigenti, né degli insegnanti, né degli studenti, ma si può dire che il “proprietario” è la collettività, che fissa le regole per poterne usufruire. È questo che ne fa un servizio pubblico, a disposizione di tutti nel rispetto di quelle regole. In questo senso nessuna delle componenti della scuola ha diritto di appropriarsene, per qualunque motivo, e di impedirne l’uso ad altri.

La difesa della scuola e del suo prestigio passa anche da questa consapevolezza, che deve orientare i comportamenti di tutti, incluse le forme di protesta degli studenti. Ribadisco la disponibilità a far sì che essi trovino nella scuola l’opportunità di esprimere le loro idee e far conoscere le loro richieste, ma come dirigente scolastico ho il dovere di garantire il rispetto delle regole che governano la comunità scolastica, cioè le Leggi e il Regolamento di Istituto, di tutelare il diritto allo studio di tutti gli allievi e di preservare l’integrità e la funzionalità delle strutture scolastiche.