Scuola: il sostegno e la zavorra

Gli insegnanti di sostegno svolgono un’opera fondamentale nel percorso scolastico dei bambini svantaggiati, ma non sempre tutto funziona.

Con l’inizio delle scuole si torna a parlare di bambini con difficoltà dell’età evolutiva e del problema del sostegno fornito dal Ministero della Pubblica Istruzione. Non sempre è sufficiente: per questo ad alcuni bambini anche il Comune fornisce una assistenza integrativa, che non si deve frapporre al sostegno. Ne abbiamo parlato con una mamma che vive questo problema giornalmente.

Com’è il sostegno? E come vorresti che fosse?

Come mamma mi piacerebbe conoscere in anticipo chi si prenderà cura del mio bambino. Vorrei parlarci, spiegargli le difficoltà che incontra mio figlio, metterlo a conoscenza delle relazioni mediche e capire in che modo intende procedere durante l’anno scolastico. Sarebbe utile pure un secondo incontro, per permettere al bambino e all’insegnante di parlare e conoscersi. L’insegnante ne potrebbe approfittare per valutare approssimativamente la situazione ed orientarsi. E il bambino si sentirebbe rassicurato.

E invece?

Beh, noi genitori affidiamo all’insegnante una parte importante di noi, il nostro bambino. Ci si vede la prima volta il primo giorno di scuola, e di solito non ci riesce altro che una fugace presentazione…

Eppure il sostegno è una cosa importante…

È importantissimo. Funziona da raccordo tra le maestre e la famiglia, valorizza i punti di forza del bambino, lo aiuta a superare le difficoltà. Quando le cose vanno per il meglio aiuta le maestre a dare vita ad una didattica arricchita, che va bene per tutti. È un passaggio prezioso che crea integrazione all’interno della classe. E produce buone conseguenze anche nelle ore che non prevedono sostegno.

Non dev’essere un compito facile.

È vero. Ma quando le cose sono facili a che serve il sostegno? Per il bambino diventa un punto fermo, con il quale deve instaurare un rapporto di fiducia, di empatia, fino a capirsi con uno sguardo. Ci vuole responsabilità.

Se ne tiene conto quando vengono assegnati gli insegnanti di sostegno?

Non molto. Pare conti solo la burocrazia. Basta andare al Provveditorato per scoprire che l’assegnazione dei ruoli avviene solo in base alla graduatoria. Ci sono rimasta male: se ci sono delle graduatorie ministeriali vanno certamente rispettate, ma ogni bambino che necessita di sostegno è un caso a sé, non possiamo fare di tutta l’erba un fascio.

Occorrerebbe un sistema più flessibile?

Occorrebbe almeno un po’ di buon senso. Mio figlio è affetto da iperattività, deficit di attenzione e disprassia. Ha il sostegno da due anni e… beh, è un pianto! L’insegnante tende a lavorare su aspetti di mio figlio che hanno poco a che vedere con le sue reali difficoltà. Il risultato è il mal di scuola. E quanta frustrazione! A detta della neuropschiatra lui si sente un malato, uno incapace a fare. Ma non dipende dalla famiglia, dove viene sostenuto e incoraggiato, ma dalla scuola, dove viene vissuto come un problema..

… mentre con il giusto sostegno sarebbe una risorsa?

Non ho la controprova. Ma so che quando mio figlio ha ottenuto buoni risultati è stato grazie alla sua determinazione, alla sua buona volontà. Intanto rimane aperta la domanda del perché non si possa assegnare gli insegnanti di sostegno abbinandone le inclinazioni e le specializzazioni con i bisogni reali dei bambini. Dopo tutto lo scopo del sistema dovrebbe essere di garantire la migliore assistenza possibile al bambino e non di occupare il primo della lista. Anche perché c’è il pericolo che questo, invece che di sostegno, sia di zavorra come è capitato a me.