Scienza e fede: inutili i fossati

Dire che si tratta solo di un cambiamento generazionale significherebbe fare un torto all’intelligenza di Fabiola Gianotti, uno dei fiori all’occhiello della fisica italiana e prossima direttrice del Cern di Ginevra: nel 2016 succederà, infatti, al tedesco Rolf Dieter Heuer, e sarà la prima donna a ricoprire questa carica. Semmai è la classe – che notoriamente non è acqua – a far sì che la scienziata italiana non si lasci andare a proclami o a ebbrezze mediatiche sulla fine delle ipotesi di Dio, su una scienza che pian piano dovrebbe svelare tutti gli arcani lasciati per ora alla fede.
In una recente intervista concessa a “La Repubblica” la studiosa ha fatto letteralmente a pezzi, senza mai citarle, quelle esibizioni para-scientifiche, presentando tutt’altra realtà: l’incapacità attuale della scienza di “capire cosa è successo al tempo del big bang”, ad esempio, che è una semplice constatazione dello stato dei lavori, fatta da chi a quei lavori è addetto. L’ammissione che non si potrà mai arrivare a sapere tutto è un’altra dimostrazione di grande onestà che fa davvero onore alla Gianotti, la quale poi – con una discrezione che è mancata ad altri, anche se ci voleva solo un po’ di solido buonsenso – ha negato che la fisica possa portare da sola alla soluzione della domanda dell’esistenza di Dio: un conto è la ricerca scientifica, un conto la religione, due campi della conoscenza umana che, secondo la studiosa, non sono affatto antitetici: uno scienziato può essere benissimo credente, nonostante molti cerchino d’insinuare il contrario.
Dopo la pretesa del positivismo di poter spiegare tutto attraverso la materia e di annullare lentamente ogni fede, certezza mai tramontata davvero, vi era stata una splendida stagione in cui scienziati del calibro di Einstein ed Heisenberg si erano ben guardati dal comminare condanne nei riguardi della fede e della ricerca della “mano” di Dio nella creazione. Ogni tanto rispunta qualcuno a declamare – e spesso a recitare mediaticamente – la morte di ogni possibilità di credere, a “correggere” errori sia nell’interpretazione della Bibbia sia nella ricerca scientifica. Si chiamavano tuttologi, pare che ce ne siano ancora in giro, anche se grazie a Dio assistiamo al ritorno dello studioso che non sale in cattedra a dirci cosa credere e cosa rifiutare, ma che semplicemente e onestamente ci presenta lo stato dei lavori. Ce ne fossero come la Gianotti.