Schneider, don Valerio: ci vuole impegno e trasparenza

Il 5 febbraio si è svolta la riunione dei sindacati locali e nazionali presso lo stabilimento Schneider Electric di Rieti in “occupazione” per riflettere sul futuro dei lavoratori di Rieti.

Oltre alle RSU e ai Sindacati locali, rappresentati da Giuseppe Ricci, Franco Camerini, Luigi d’Antonio e Walter Filippi, anche il Sindaco Simone Petrangeli e Don Valerio Shango in rappresentanza dell’Ufficio Problemi Sociali e Lavoro della Diocesi. E proprio con quest’ultimo abbiamo fatto il punto sulla vicenda.

Don Valerio, quali impressioni riporti dall’incontro?

Nel complesso mi è sembrata una giornata positiva. Di sicuro è stato molto utile il supporto dei sindacati nazionali. Arrivando da Napoli e dal nord Italia hanno il vantaggio di un punto di vista meno coinvolto, più oggettivo, sull’andamento della vertenza.

Che tuttavia non sembra riuscire a fare passi in avanti…

Beh, come ribadito dall’Rsu Fiom Cesare Foffi, l’occupazione della fabbrica da parte dei lavoratori consegue al mancato rispetto degli accordi raggiunti a Parigi nell’aprile dello scorso anno. Lo strappo è avvenuto il 21 gennaio scorso, quando è venuto meno l’impegno a tenere attivo lo stabilimento di Rieti con commesse in grado di assicurare gli addetti al loro posto di lavoro in attesa di un nuovo acquirente.

Ma il dibattito ha portato a qualche passo in avanti?

La discussione è stata piuttosto accesa, ma sono scaturite alcune decisioni: la prima è di organizzare entro questo mese di febbraio una trasferta a Parigi. La necessità è quella di ottenere dai vertici di Schneider il mantenimento della funzionalità del sito almeno fino al giugno 2014. Nel frattempo va fatta pressione perché l’advisor – la Società Vertus – trovi quanto prima un nuovo acquirente per una riconversione industriale della fabbrica.

Da qualche giorno circola l’ipotesi di un compratore cinese…

Sì, è la Chint, un colosso nel settore, diretto concorrente di Schneider. Il problema è che non passando tramite l’advisor, questi percorsi paralleli hanno l’oscuro sapore del “sentito dire”. I lavoratori già vivono in un clima di fragilità e incertezza. Sarebbe meglio se non ci fossero trattative condotte al di fuori dal percorso stabilito con Schneider di fronte al Governo. Se qualcuno trova vantaggioso seguire altre strade dovrebbe farlo con maggiore riservatezza. La procedura d’acquisto è complessa. Dare modo alla stampa di fare quotidiane speculazioni non solo sembra utile, anzi, potrebbe pure ostacolare altre contrattazioni. In ogni caso si lasciano i lavoratori in balia di notizie contraddittorie, e questo di certo non li aiuta.

Sarebbe sempre meglio preferire una via istituzionale?

Quando c’è in ballo la vita delle persone, la trasparenza dovrebbe essere massima. Una buona decisione presa nell’assemblea di ieri è quella di chiedere al segretario nazionale Fiom Maurizio Landini di ottenere un tavolo al Ministero dello Sviluppo Economico per portare avanti la vertenza con lo stile visto nel caso Electrolux, ovvero con la partecipazione del Governatore del Lazio, dei parlamentari reatini e delle altre istituzioni insieme alla multinazionale.

Ma la lotta proseguirà anche dal basso.

Sì, è importante che i lavoratori rimangano protagonisti rispetto a una faccenda che riguarda in modo così stringente le loro vite. Per questo si è deciso di organizzare assemblee presso vari siti Schneider in Italia. La “solidarietà” ai lavoratori di Rieti da parte dei loro colleghi può essere un vero fattore di pressione verso l’obiettivo di mantenere aperto il sito Rieti. Anche solo l’aumento della visibilità esterna sarebbe di aiuto.

Intanto ieri i lavoratori hanno incassato un rinnovato interesse da parte della Regione…

Sì, il presidente Zingaretti ha chiesto un incontro al Ministro Zanonato. Io continuo a sperare che l’Accordo di programma tra Regione Lazio e Mise avvenga presto qui a Rieti. Sarebbe il segno concreto di una politica che vuole davvero “prendersi cura” di questo territorio. Non c’è solo Schneider: tutta l’area di Rieti è colpita dalla crisi, è ormai in balia di una incontenibile disoccupazione, colpita com’è dalla desertificazione industriale…

La diocesi continua a seguire da vicino questo tipo di problemi. È arrivata qualche richiesta particolare in questo senso?

Alla Diocesi è stato chiesto un supporto non solo morale, ma anche un impegno concreto attraverso i canali della Chiesa, affinché venga scongiurata la chiusura di questa fabbrica. Da parte nostra abbiamo fatto sempre fatto tutto il possibile per ridare speranza ai lavoratori. In questo periodo stiamo elaborando un documento per sensibilizzare l’Arcidiocesi di Parigi. Crediamo sia importante che la solidarietà conquisti una dimensione europea. Come Ufficio dei Problemi Sociali siamo convinti che questo allargamento di prospettiva sia fondamentale.

Ma non si possono fare i miracoli…

Beh, battute a parte il territorio sembra essersi impoverito anche a causa dei tanti interventi mancati di questi anni. È ora di cambiare registro: non si può sempre correre per mettere le toppe. Oggi, ad esempio, sarebbe indispensabile che il Parlamento approvasse provvedimenti in grado di contrastare efficacemente ogni delocalizzazione motivata dalla sola ricerca di un maggior profitto. Un impegno concreto in questa direzione da parte dei nostri parlamentari – magari una proposta di legge firmata da loro – sarebbe davvero una cosa significativa. Ovviamente al fianco di quelle politiche per lo sviluppo che nonostante le promesse tardano ad arrivare.