Sant’Elia festeggia il parroco e il patrono. Il vescovo: «la Parola ci fa umani»

Sono in corso a Sant’Elia Reatino i festeggiamenti in onore di Sant’Elia Profeta. L’occasione vede disposto un ricco calendario di eventi, dal 13 al 23 luglio, che la scorsa domenica ha compreso la celebrazione della solennità della Beata Vergine del Monte Carmelo presieduta dal vescovo Domenico.

Un passaggio che ha visto mons. Pompili intrecciare gli spunti offerti dalle letture alla ricorrenza dei 25 anni di sacerdozio del parroco, don Leopoldo Bednarz. Al centro del discorso, in particolare, la parabola del seminatore. «Non è altri che Dio stesso – ha spiegato don Domenico – che non cessa di manifestare in tante forma la sua Parola». Parola, non chiacchiera. Una differenza particolarmente attuale ai nostri giorni, perché nonostante la tecnologia ci consenta di “messaggiare” a ogni ora del giorno e della notte, sorprende il permanere di «una grande folla di solitudini». Accade, ha spiegato mons Pompili, perché il «miracolo della comunicazione» non è legato alla tecnica, ma alla qualità di chi parla e alla capacità di ascolto.

A questa dimensione il vescovo ha ricondotto il ministero del prete. «Don Leopoldo, come ogni pastore, è solo una pallida immagine del Seminatore, ma deve fare la stessa cosa: seminare». E nella consapevolezza che non necessariamente chi semina raccoglie. Lo anticipa lo stesso Gesù parlando di tre pericoli, presenti anche oggi, che il Maestro descrive tramite i diversi tipi di terreno in cui il seme non può germogliare: uno è impermeabile come la strada, il secondo pieno di sassi, il terzo coperto dai rovi. Compito del prete, quello di aiutare le persone a poter accogliere il seme cogliendo le forme attuali delle difficoltà indicate da Gesù.

E oggi, piatta e impenetrabile come la strada è la superficialità. La società sembra accogliere la realtà tutta allo stesso modo, schiacciata sul piano unificante dei monitor a schermo piatto, mentre «la Parola ci aiuta a riscoprire che la vita è molto più sfaccettata».

E insieme alla superficialità, la Parla aiuta il pastore a superare un altro problema, quello dei sassi: «sono l’immagine della nostra vita ingombra di cose che ci preoccupano. Spesso finiamo dall’essere sopraffatti dalle cose urgenti, che non sempre sono quelle importanti: la Parola ci aiuta a distinguerle» e a rimediare anche al terzo problema, quello delle spine, identificato dal vescovo con la distrazione. Perché «spesso nella nostra vita siamo qui fisicamente, ma altrove con la testa: la Parola ci riporta sempre a quello che siamo qui, ora in questo momento».

Il vescovo ha dunque rivolto a don Leopoldo l’augurio di essere sempre «un uomo della Parola», che la sa ascoltare e dunque riesce a comunicarla. Una funzione importante per la Chiesa, ma anche la società. Perché «il continuo scontro deriva dall’incapacità di ascoltarsi e di parlare. È questo a farci sempre più contrapposti, divisi, pronti a fare guerre».

In fondo, ha concluso il vescovo, la differenza tra gli umani e gli animali è proprio la Parola. «Senza Parola non c’è umanità», e guardando alla Madonna del Carmelo ha citato papa Francesco, che ha definito Maria «la terra insuperabile che ha ascoltato la parola e la ha generata nel suo stesso grembo».

foto di Massimo Renzi