Sant’Agostina modello per tutto il personale sanitario

Il mese di aprile è uno tra i più cari ai devoti ad Agostina Pietrantoni. Il 18 aprile 1999, infatti, Papa Giovanni Paolo II la proclama santa e dal 29 aprile del 2003 è “Patrona degli Infermieri d’Italia”.

Non è un caso, allora, se il 27 aprile di quest’anno si è svolta a Pozzaglia Sabina, città natale della santa, la premiazione del concorso “Arte e Fede”, ormai giunto alla decima edizione e indetto sul tema “Santa Agostina: donna di accoglienza e di solidarietà”.

Due giorni dopo, presso la cappella dell’ospedale San Camillo de Lellis di Rieti, il vescovo Domenico ha presieduto la celebrazione eucaristica in onore della santa. Un’iniziativa giunta al terzo anniversario che ha visto l’omelia di mons. Pompili prendere spunto da un passo degli Atti degli Apostoli, a partire dal quale ha messo a confronto le difficoltà e le tensioni presenti nelle comunità cristiane dei primi tempi con quelle vissute ai tempi della Pietrantoni, fino ad arrivare alle contraddizioni dei nostri giorni.

Esse esistono, bisogna prenderne atto, ma non rassegnarsi. La fede aiuta il cristiano a superarle. Bisogna però riscoprire il messaggio evangelico: quello che si preoccupa di amare l’altro, anche passando oltre i limiti della legge prodotta dagli uomini.

Al termine della celebrazione, ha preso la parola suor Fernanda Falcone, responsabile della comunità delle Suore della Carità di Santa Antida Thouret di Pozzaglia Sabina. Dopo aver ricordato alcuni brevi tratti biografici della Santa, ha sottolineato la sua azione quotidiana verso i deboli e i malati:

«In famiglia è il braccio forte della mamma, l’infermiera del nonno e del papà, la maestra dei fratellini».

Destinata all’Ospedale Santo Spirito di Roma, prima alla corsia dei bambini e poi a quella dei tubercolosi, «cercava di umanizzare l’ambiente» e «alla sera, prima di ritirarsi, non mancava di accostarsi al letto dei più gravi e dei più pericolosi; riaccomodava i guanciali e diceva qualche parola buona».

Suor Fernanda ha invitato gli infermieri a prendere la Santa come compagna di viaggio per la vita, raccomandando ancora l’impegno per la diffusione e la devozione a santa Agostina.

La caposala Luisa Ciccaglioni, prendendo la parola in rappresentanza del Collegio degli infermieri di Rieti, si è soffermata sul decalogo degli infermieri secondo gli insegnamenti di santa Agostina, rilevando indicazioni precise sia di carattere spirituale che deontologico per tutto il personale sanitario. In particolare ha proposto un attento confronto tra il quarto punto (Onorare la competenza e la professionalità), e il nono (Non indurire il cuore con l’abitudine al dolore altrui), ricavandone suggerimenti di straordinaria attualità e validi per tutti, anche per coloro che non hanno una visione religiosa della vita.

Ai due punti del decalogo corrispondono infatti aspetti essenziali per la nostra professione: la competenza e la preparazione sono qualità che non derivano solo dagli anni di studio e dal tirocinio, ma soprattutto da una continua formazione sul campo, in ragione dei progressi e delle novità in campo medico e delle sfide straordinarie che pone sul nostro cammino professionale la Bioetica, con tutte le implicazioni scientifiche, deontologiche, giuridiche e morali che comporta.

Il nono “comando” riguarda il maggior pericolo che possiamo incontrare, cioè di fare l’abitudine alla sofferenza altrui, considerandola semplicemente come corollario di un normalissimo lavoro, un lavoro come tanti.

Entrambi questi aspetti, anche squisitamente laici, oltre che profondamente cristiani, sono tuttavia strettamente connessi tra loro, poiché la preparazione e la competenza sarebbero destinate a venire meno qualora il dolore altrui non interpellasse ogni giorno la nostra coscienza e la nostra sensibilità.

Il decalogo di santa Agostina non proviene solo dal cuore di una religiosa consacrata, ma anche di una vera infermiera che ha saputo vedere nei malati soprattutto il volto del Cristo sofferente.

Un ideale alto e difficile, ma anche incoraggiante e stimolante.