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Voci dal monastero di Sant’Agnese: «Quant’è bello passare la vita a pregare il Signore»

Una vita sulle orme di san Domenico, condotta tra lavoro e preghiera: incontro con suor Valentina e suor Maria Rosaria del monastero domenicano di Sant’Agnese.

La priora madre Valentina Rizzo si aggira orgogliosa tra le grandi ortensie che colorano il delizioso chiostro del monastero di Sant’Agnese: «peccato per la pioggia che le ha un pò danneggiate, altrimenti sarebbero state ancora più belle».

Curano il giardino, l’orto, la chiesa e soprattutto pregano, le sei sorelle di clausura: «iniziamo alle 7 del mattino con l’ufficio divino, le lodi cantate e il rosario. Dopo la Santa Messa delle 8 andiamo a lavorare, ognuna nelle proprie mansioni». Tra le tante attività, la realizzazione delle ostie per l’Eucaristia, lavoro per cui le claustrali dominicane di Sant’Agnese sono note in città da centinaia di anni.

Un monastero sito in un luogo dalla forte valenza spirituale e storica, sui resti di quella che fu la casa natale della Beata Colomba da Rieti, che campeggia in un grande quadro proprio nella zona del delizioso coro in legno.

Madre Valentina ricorda con orgoglio come San Domenico abbia prima consacrato le monache, non per la predicazione itinerante ma per quella silenziosa: «noi, nel silenzio, siamo state destinate a preparare il terreno per la predicazione dei nostri confratelli maschi, agendo sempre secondo il motto “veritas”».

La più giovane suor Maria Rosaria Lauropoli, bellunese di nascita, napoletana di adozione e ormai quasi reatina acquisita considerando i trentasei anni trascorsi in città, racconta come l’iconografia di San Domenico sia particolarmente rappresentativa e simbolica. «Come si evince anche dalla statua conservata nella nostra chiesa, il nostro fondatore è raffigurato con un giglio tra le mani, simbolo della purezza del suo cuore, mai offuscata ma anzi resa sempre più splendente. La stella che gli brilla sulla testa rappresenta invece uno speciale intendimento delle cose di Dio, che è premio alla purezza di cuore. Ai suoi piedi, un cagnolino che tiene in bocca una fiaccola, come dal sogno premoritore di sua madre: l’animale che simboleggia la fedeltà, mentre la fiaccola sta ad indicare la fiamma della predicazione. Tra le mani, il Vangelo di Matteo e le lettere di San Paolo che portava sempre con sè».

Una storia particolare quella di Maria Rosaria, all’inizio restia nel parlare di sè, ma che nel corso della conversazione apre il suo cuore su un percorso di vita interamente votato alla simbiosi con il Signore. «All’età di sette anni mi è sembrato di vedermi dietro una grata, mi ricordo che mi ritrovai a pensare a quanto sarebbe stato bello passare la propria giornata a pregare: un pensiero fisso che mi è tornato fortemente in testa da adolescente, ripassando dei canti in chiesa. Una volta uscita, decisi di farmi suora, lo confidai ad un’amica che mi prese per folle!».

E invece, la vocazione di Maria Rosaria si fa sempre più forte e vigorosa, fino al momento di darne notizia ai genitori: «lo avevano già intuito ed erano assolutamente contrari, osservavano il mio modo di fare, pregavo sempre ed ero restia alle discoteche, ai fidanzamenti. E dire che ho anche provato ad avvicinarmi ad un uomo, ma non c’è stato nulla da fare, non ho avuto modo: ero già innamorata di un altro!».

Non aveva voglia di illludere nè gli uomini, nè la famiglia, suor Maria Rosaria: sapeva che il suo percorso era già tracciato, senza possibilità di divagazioni o ulteriori prove. Intorno ai ventidue anni, dopo un periodo di grande sofferenza nell’attesa di realizzare il suo desiderio di vita consacrata, l’incontro con una suora dominicana che la invitò a seguirla in convento a Rieti. «All’inizio mi apparve insistente, mi propose la clausura, e pensai che non era vita per me. Feci una piccola prova di una settimana, ricordo che era il settembre del 1981. E invece, eccomi ancora qua!».

Soffre ancora, con la voce incrinata dal pianto, al ricordo del dolore che le causarono i suoi familiari, del tutto contrari a quel percorso di vita, e ancor più arrabbiati dopo un’ulteriore scelta della figlia. Risultata vincitrice di concorso al Ministero, la giovane Maria Rosaria rifiuta infatti il prestigioso posto di lavoro: «l’ho lasciato a un padre di famiglia che ne avesse bisogno: io il mio posto lo avevo già».