Sanità in pericolo: dalla battaglia alla guerra

Il prossimo 30 settembre, gli archi del Vescovado faranno da cornice ai lavori dell’Assemblea permanente per la sanità reatina.

L’incontro segue quello dello scorso 27 agosto, partecipato da circa 500 cittadini. Da quel dibattito era emersa una dettagliata richiesta di modifiche e deroghe ai precedenti decreti ed ai programmi in corso di adozione, e l’auspicio che la Regione risponda con «atti scritti e di valore concreto che restituiscano fiducia ad una popolazione ormai esasperata».

È vero infatti che dalle controparti istituzionali sono arrivate diverse rassicurazioni attorno alle prospettive del settore, ma le associazioni sono determinate a portare a casa il risultato scritto nero su bianco. E probabilmente qualcosa si riuscirà ad ottenere.

Nel caso, sarebbe certamente un importante successo, ma una eventuale vittoria non renderebbe la vicenda meno inquietante.

Al di là dell’esito, infatti, la cosa più sconcertante è che certi problemi si siano effettivamente posti: che ad un certo punto abbia cominciato a circolare l’idea di una riduzione dell’offerta sanitaria, di un depotenziamento dell’ospedale, di un trasferimento di servizi.

La dinamica sembra questa: il mondo del volontariato – più attento e sensibile al panorama sociale – fiuta un pericolo, lancia l’allarme. La politica dapprima tace, poi minimizza, infine – forse – si impegna per una soluzione positiva.

Viene quasi il sospetto che certe proposte, certe voci, vengano fatte circolare per osservare le reazioni, misurare le resistenze, valutare la reale possibilità di riuscita di operazioni non esattamente popolari.

Da qualche tempo sembriamo quasi essere oggetto di esperimenti di verifica sulla tenuta della società civile attorno ai diritti. Assistiamo ad attacchi periodici non solo al mondo della salute, ma – lo si vede nel dibattito nazionale – anche sul più compromesso settore del lavoro.

La battaglia per la Sanità è certamente importante e speriamo tutti che venga vinta. Ma quando si è al fronte, costretti in trincea, c’è poco spazio per pensare. Il vero lavoro da fare, allora, sembra quello che ci attende dopo un’eventuale vittoria in questo conflitto locale.

Sarà infatti il caso di ragionare su cosa abbia portato alla crisi, di interrogarsi sulle disfunzioni di sistema, di domandarsi a quale interesse e quale ideologia corrisponda anche solo l’idea di poter sottrarre sanità pubblica alla cittadinanza.

Trovare una risposta a queste domande non sarà facile. Di solito scovare i mandanti di un delitto – soprattutto se non si ancora è consumato – è più difficile che individuare gli esecutori. Per questo occorrerà l’impegno di tutti: sarà un compito da svolgere collettivamente.

Sempre che non si voglia credere che le cose accadono per caso, che il riformismo al ribasso di questi anni sia figlio di un cieco destino, che il progressivo smantellamento dello Stato sociale sia davvero il frutto della necessità.