S. Barbara: legalità e dignità sfida culturale

Ha ritrovato qui il vescovo di un tempo, quello insieme al quale, la mattina di san Giuseppe di vent’anni fa, ebbe il dolore di benedire, nella chiesa di Casal di Principe, la salma di don Peppino Diana, ucciso dalla camorra proprio il giorno del suo onomastico. È monsignor Lorenzo Chiarinelli ad accogliere, nel Duomo di Rieti, insieme al padrone di casa, il vescovo Lucarelli, alle autorità locali e ai responsabili dell’associazione “Santa Barbara nel mondo”, il più noto prete della diocesi di Aversa (da don Lorenzo guidata per un quadriennio negli anni Novanta, dopo Sora e prima di Viterbo): don Maurizio Patriciello, che ritorna in quella Cattedrale che ebbe modo di visitare in un tour in cui l’allora vescovo Chiarinelli condusse il gita il clero aversano nella sua città natale.

Insieme al sacerdote di Caivano, punto di riferimento importante, nella tormentata terra tra Napoli e Caserta, nell’impegno per la legalità e la lotta contro i roghi tossici e i terribili veleni sepolti che deturpano suolo e sottosuolo e mietono vite umane, dalla Campania è giunto a Rieti anche un altro battagliero prete: don Aniello Manganiello, il guanelliano che nel 2011 ha dato alle stampe il suo diario– testimonianza Gesù è più forte della camorra in cui racconta i sedici anni trascorsi come parroco di S. Maria della Provvidenza nel difficile quartiere napoletano di Scampia.

Sono qui per ricevere, davanti all’altar maggiore che accoglie le reliquie di santa Barbara, il premio che nel nome della propria patrona Rieti assegna annualmente a chi si è distinto in traversie che hanno a che fare col fuoco. Premio che nell’edizione 2014 viene assegnato ai due coraggiosi sacerdoti e al direttore dei Vigili del fuoco campani, l’ingegner Giovanni Nanni.

Il dramma della “terra dei fuochi”, nella sua triste attualità che sacerdoti come Patriciello (il quale, oltre a scrivere i suoi seguitissimi pezzi su Avvenire, gira l’Italia a promuovere l’attenzione verso tale vergognosa situazione) e Manganiello si impegnano a richiamare all’opinione pubblica, è al centro della mattinata che vede i protagonisti del Premio internazionale di solidarietà “Nel fuoco” attirare l’attenzione dei tanti ragazzi del Liceo scientifico cittadino con le loro brevi e toccanti testimonianze.

Con loro c’è anche Maria Di Buono, vedova del sottotenente Michele Liguori, il vigile urbano di Acerra morto il 19 gennaio scorso dopo aver lottato imperterrito contro il deturpamento della sua terra. Ai liceali dello “Jucci” si rivolge commossa la signora Maria, ricordando quanto suo marito, che era anche capo scout, amasse stare con i giovani richiamandoli ai valori di una cittadinanza consapevole e all’impegno per la giustizia e verità. Giustizia e verità sempre più offese in quella terra in cui i parroci si trovano a celebrare continuamente esequie di gente giovane, come racconta padre Patriciello, reduce dell’ultimo funerale di una mamma morta soltanto quindici giorni dopo aver scoperto di avere la leucemia, ennesima vittima di quel male che a don Maurizio ha portato via anche il fratello, in un bollettino di guerra che in quella zona supera ogni normale statistica.

«Mi hanno detto che ce ne vorrebbero mille di padre Maurizi… Ma ho risposto che, no, non tocca a noi, non tocca alla Chiesa impegnarsi in queste battaglie. È compito della politica garantire il rispetto della legalità. È dovere dei funzionari pubblici far sì che non ci siano più tutti questi morti a causa di chi finge di non vedere quanto le nostre bellissime vengono avvelenate!». Su queste vergogne don Manganiello aveva avuto modo di ricevere le prime confidenze di camorristi pentiti. E lui ribadisce che se c’è chi ha chiamato quella terra “Gomorra” c’è una situazione di peccato, che è la natura stessa a punire. Ma contro il peccato, contro le strutture peccaminose e contro chi ne è direttamente o indirettamente complice anche nelle istituzioni, si può vincere. Si può e si deve lottare.

Foto Massimo Renzi.

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