“Uno di noi” 2. Rush finale in difesa della vita nascente nel segno di madre Teresa

Verranno presentati il prossimo 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, le testimonianze e l’appello contenuti nella petizione collettiva promossa dalla Federazione europea “Uno di noi, per la vita e la dignità dell’uomo” per chiedere che venga presa in considerazione la richiesta presentata tre anni fa a Bruxelles da due milioni di cittadini attraverso la prima fase di “One of us” a tutela dell’embrione, e lasciata invece cadere dalla Commissione. La canonizzazione di madre Teresa di Calcutta, coraggiosa e instancabile paladina della vita nascente, in un anno giubilare segnato dalla sua presenza. C’è un denominatore comune

Una circostanza provvidenziale: nel momento in cui madre Teresa di Calcutta viene indicata come modello eroico di virtù cristiane, si svolgono le fasi conclusive della seconda tornata di “One of us” (“Uno di noi”, denominazione mutuata da una celebre affermazione della missionaria della carità che verrà canonizzata il 4 settembre). Si tratta della fase numero due dell’iniziativa dei cittadini europei promossa nel 2012 dal Movimento per la vita italiano insieme ad altri omologhi europei a tutela dell’embrione, sostenuta da quasi due milioni di firme ma stoppata dalla Commissione europea. Prima attuazione dello strumento di partecipazione democratica e legislativa previsto dall’art. 11 del Trattato di Lisbona, in base al quale i cittadini Ue, in numero non inferiore a un milione e appartenenti a sette diversi Paesi, possono sollecitare alle istituzioni di Bruxelles un provvedimento finalizzato a migliorare l’integrazione europea, l’iniziativa chiedeva alla Commissione l’impegno di non finanziare la ricerca scientifica che comportasse la distruzione di embrioni umani e di non erogare fondi a enti internazionali pro aborto. Malgrado il numero delle firme raccolte in tutto il continente e consegnate all’esecutivo di Bruxelles (1.894.693), il 27 maggio 2014, poco prima della scadenza del suo mandato, la Commissione ha deciso di non dare seguito all’istanza.

Ma i promotori dell’iniziativa non si sono arresi e hanno costituito la Federazione europea “Uno di noi, per la vita e la dignità dell’uomo”, presieduta dall’ex ministro ed europarlamentare spagnolo Jaime Mayor Oreja e presentatasi all’opinione pubblica nella grande manifestazione dello scorso 12 marzo a Parigi. Alla Federazione aderiscono oltre 24 sigle prolife in una ventina di paesi, unite dalla convinzione che per salvare i nascituri dall’aborto non bastino la vicinanza e il sostegno alle madri o alle famiglie in difficoltà – importanti ma non sufficienti perché minacce ben più gravi (e mascherate) vengono dai laboratori e dalle biotecnologie – ma occorra piuttosto

fare breccia nelle coscienze testimoniando che il nascituro, come assicurava madre Teresa, è “uno di noi”.

Anzi, aggiungeva quella che già in vita era considerata l’emblema universale della carità, è “il più povero dei poveri”, come recita il titolo del volumetto fresco di stampa “Il più povero tra i poveri è uno di noi non ancora nato” (ed. Cantagalli 2016), firmato da Carlo Casini, storico presidente del Movimento per la vita italiano, oggi presidente onorario dello stesso e della nuova Federazione europea, in cui l’autore rilancia la fase due del progetto e presenta madre Teresa, non a caso dichiarata presidente onoraria e spirituale dei Movimenti per la vita, come modello di determinazione e coraggio nella battaglia a difesa dell’embrione.

Obiettivo della fase due dell’iniziativa, testimoniare all’Europa la dignità umana presente fin dal concepimento chiedendo a medici e scienziati, a politici, e a giuristi (le tre categorie destinatarie di tre specifici appelli) di aderire ad

una petizione-testimonianza da presentare al presidente del Parlamento europeo e ai presidenti del Consiglio e della Commissione, ai sensi dell’art. 22 del Trattato di Lisbona.
La veste giuridica prescelta è questa volta quella della petizione collettiva sottoscritta non da cittadini qualsiasi ma da esperti e figure autorevoli. Il progetto prevede che tutte le testimonianze siano presentate contemporaneamente in modo solenne intorno al prossimo 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (10 dicembre 1948). Dalle testimonianze scaturisce l’appello a prendere in considerazione la richiesta presentata tre anni fa da due milioni di cittadini (testi scaricabili in tutte le lingue Ue su www.oneofusappeal.eu) .

Ricevendo il Premio Nobel per la pace nel 1979, madre Teresa osò dire davanti ai grandi della terra:
“Se accettiamo che una madre sopprima il frutto del suo seno, che cosa ci resta?”.
E’ dunque la questione antropologica fondamentale se il concepito sia o no “uno di noi” a chiedere di

schierarsi come madre Teresa, e in linea con l’insegnamento di Papa Francesco, dalla parte dei più poveri tra i poveri, di quelli privati anche del diritto dì venire al mondo.

E non a caso madre Teresa, che sarà canonizzata il 4 settembre, è stata indicata dal Pontefice insieme a suor Faustina Kowalska, padre Leopoldo Mandic, padre Pio e Giovanni Paolo II, quale testimone del Giubileo della misericordia. Perché la misericordia, come la scintilla del bene, va ben oltre la soglia della vita, della sua alba e del suo tramonto,

e non c’è misericordia più grande di quella di chi protegge la creatura più indifesa e vulnerabile, il nascituro. E non c’è sconfitta più grande per l’umanità che impedire a un bambino di venire alla luce.