In famiglia

Perdono: iper-dono

L’unico modo per andare oltre il male ricevuto è quello di allenarsi a perdonare le piccole cose per poi saper perdonare anche le più grandi.

L’amore «non tiene conto del male ricevuto», il Papa commenta l’etimologia greca: «non tiene annotato». Ė come se tutti noi avessimo dei taccuini con tantissime pagine che ci ingombrano nelle tasche, piene del male ricevuto. Siamo sempre pronti a prendere nota di ogni offesa, anzi è quasi come se ogni azione o parola che ci fa soffrire, graffi più o meno indelebilmente le pagine della nostra coscienza. Come vincere questo rancore che spesso ci imbriglia e ci impedisce di volare, proprio come quei sacchetti di zavorra che tengono a terra le mongolfiere? Anche fra moglie e marito spesso i litigi divengono schermaglie in cui soccombe chi non riesce più a sostenere il peso dell’offesa ricevuta.

La vetta proposta dall’inno paolino è una meta a cui tendere, ma come? Papa Francesco non fa sconti alla realtà e afferma “quando siamo stati offesi o delusi, il perdono è possibile e auspicabile, ma nessuno dice che sia facile” (AL 106). Si tratta di entrare in questo ring che è prima di tutto la vita delle relazioni famigliari.

Un’officina in cui si forgia l’amore, ma con fatica e sofferenza, con tornio, lima e grande sacrificio. L’unico modo per andare oltre il male ricevuto è quello di allenarsi a perdonare le piccole cose per poi saper perdonare anche le più grandi. La stessa parola “iper-dono” indica una capacità di andare oltre e superare se stessi. Il Papa, poi, invita ciascuno di noi a saper perdonare se stessi perché questo è il primo medicamento alle ferite. Un cuore riconciliato con le proprie fragilità riesce più facilmente a venir incontro alla debolezza dell’altro anche quando questa si manifesta sotto forma di aggressività o violenza.

«C’è bisogno di pregare con la propria storia, di accettare sé stessi, di saper convivere con i propri limiti, e anche di perdonarsi, per poter avere questo medesimo atteggiamento verso gli altri» (AL 107).

A monte di questa dimensione c’è l’esperienza di sapersi perdonati da Dio: ecco la fonte di ogni nostro atto di clemenza, di ogni nostra generosità e appunto di ogni nostro gesto di perdono. In realtà non facciamo altro che trasferire un dono ricevuto ad altri, a prescindere che lo meritino o meno, proprio come noi non meritiamo dal Signore la sua misericordia. Questo passaggio per vasi comunicanti della Grazia del perdono avviene prima di tutto nella palestra della famiglia.

Due genitori che sanno chiedersi scusa davanti ai figli, a ricredersi, a perdonarsi dopo un errore, una mala parola o anche peggio; gli sposi che hanno il coraggio di perdonare e farsi perdonare stanno dando ai loro figli l’insegnamento più prezioso. E anche quando sono i figli che necessitano di essere perdonati, anche se fanno fatica a chiedere scusa, anche se proprio non meriterebbero in quel momento la nostra condiscendenza… pensiamoci bene, se non aspettiamo il loro pentimento, se non li perdoniamo gratuitamente andando loro incontro, avremo perso per sempre l’occasione di fargli provare l’abbraccio del Padre di cui siamo figli.